sabato 8 ottobre 2016

Prepariamoci per l'inverno: cura del giardino


In questo articolo voglio parlare di quali attenzioni dedicare al vostro giardino per prepararlo alle fredde giornate invernali.

Spesso ci accorgiamo solo in primavera dei danni che l'inverno ha creato al nostro giardino, e pertanto possiamo far ben poco per migliorare le brutte condizioni che ci ritroviamo dopo i mesi invernali.

I giorni a cavallo tra settembre e ottobre sono quelli migliori per preparare il nostro giardino al freddo, al poco sole, alla neve e alle gelate dell'inverno.

Per iniziare parliamo del prato, sicuramente è uno degli ambienti che più soffre il freddo, per fortuna l'incidenza del freddo si traduce principalmente in una diminuzione del fattore estetico più che fisiologico, infatti il prato resiste bene al freddo, ma se non ha le adeguate cure rischiamo di ritrovarci nel mese di marzo con un prato ingiallito e spoglio, certamente in sofferenza.

Per evitare questo, è importante agire in questo periodo, con delle semplici operazioni:

1) per prima cosa dobbiamo operare un'arieggiatura del prato, utilizzando degli appositi macchinari che si possono trovare anche in affitto nei centri specializzati per il giardinaggio. Questa operazione ci tornerà utile per evitare i ristagni idrici delle piogge che possono causare gli attacchi funginei invernali, eliminare la parte di prato secco a contatto con il terreno, cioè il feltro, ed infine per diradare il prato e quindi evitare di avere un microclima che favorisce il diffondersi di malattie nella parte finale dell'inverno con l'alternarsi di sole e pioggia, come ad esempio le ruggini.

2) successivamente l'operazione che ci permetterà di rinforzare il nostro prato, è quella della concimazione. Questa operazione però deve essere eseguita utilizzando dei particolari concimi, che permettano al prato di aumentare il succo cellulare del fogliame con dei sali, che come ben noto, evitano lo stress causato dalle gelate. I concimi da utilizzare devono avere una serie di microelementi molto importanti come il ferro (Fe), il magnesio (Mg) e lo zolfo (S), infatti in alcuni casi per evitare anche la formazione del muschio invernale viene utilizzato l'ossido di ferro. La composizione con i minerali principali invece (NPK) deve avere un titolo che va dal 10 al 15 di azoto (N), dallo 0 al 5 di fosforo (P) e dal 15 al 25 di potassio (K). In commercio si trovano concimi con tutti questi elementi miscelati tra loro.

3) nei casi di forti gelate nel periodo fine invernale, è consigliabile nelle ore centrali della giornata, anche in presenza di sole, dare un'annaffiatura di uno o due minuti al prato, che permetterà di sciogliere la brina sulle foglie, diminuendo lo stress da freddo.

Con questi semplici interventi ci ritroveremo poi per tutto l'inverno e in primavera, con un prato di un ottimo colore, forte e resistente.






Per quanto riguarda gli arbusti, anche in questo caso, occorre concimare bene in special modo se particolarmente sensibili al freddo (come ad esempio gli agrumi), Per ovviare a questi stress è opportuno intervenire con concimi liquidi specifici. Esistono in commercio dei concimi liquidi detti apposta "antigelo" a base di sali potassici, molto efficaci.


Per approfondire la cura degli arbusti, vi rimando ad un mio precedente articolo (Come proteggere le piante dal freddo e dal gelo) che tratta in modo più preciso le operazioni da fare anche a livello meccanico e con film protettivi.

Non vi consiglio di effettuare la potatura in questo periodo iniziali dell'autunno, per prima cosa perché gli arbusti potrebbero non essere ancora in stasi vegetativa e questo comporterebbe un probabile sviluppo delle gemme, che verrebbero poi rovinate dal freddo invernale. Secondariamente perché, passato il periodo di freddo, potremmo valutare meglio se intervenire su parti di piante compromesse.


Per gli alberi ad alto fusto invece, le manutenzioni consistono principalmente nella messa in sicurezza della loro struttura da eventuali problemi creati da neve, forti piogge e vento, per cui è importante intervenire con la potatura dove necessario, per evitare spiacevoli cedimenti.

Nei riguardi delle alberature, vi consiglio sempre di far valutare i vostri alberi da un tecnico specializzato, che potrà verificarne anche la stabilità e certificarla con una relazione VTA, e successivamente per le potature è importante richiedere l'intervento di arboricoltori specializzati che conoscono le tecniche della moderna arboricoltura, questo vi farà certamente dormire sonni più sereni.


Riccardo Frontni

martedì 23 agosto 2016

Grafiosi dell'Olmo: sempre più allarme nelle Marche



Ho già postato nella mia pagina facebook, un articolo sull'allarme grafiosi che sta colpendo le Marche, e le risposte al post di tanta gente, mi hanno fatto capire che questo problema sta avvenendo in tutta Italia.
Che cos'è la Grafiosi dell'Olmo?

Questo patogeno ha come agente l'Ophiostoma ulmi - (Buisman) Nannf., Ophiostoma novo-ulmi Braiser.

La grafiosi dell'olmo è una malattia provocata da un fungo ascomicete che colpisce tale albero.

L'agente causale è il fungo Ophiostoma ulmi, la cui diffusione è facilitata da un coleottero del genere Scolytus o del genere Pteleobius che compie parte del proprio ciclo vitale nella corteccia degli olmi, oltre che da anastomosi radicale di piante vicine. Il fungo blocca i vasi che conducono la linfa alle foglie, inibendo il trasporto dell'acqua e provocando l'ingiallimento delle foglie con successiva morte di parti di rami, branche o dell'intera pianta.

La malattia, che può avere decorso cronico o acuto, è originaria dell'Asia e colpisce tutte le specie di olmi, ma non tutte con la stessa gravità.

In Italia primo caso di grafiosi dell'olmo risale al 1930. Intorno al 1967, l'Europa fu raggiunta da un ceppo molto più virulento della stessa malattia, il cui agente casuale è il fungo Ophiostoma novo-ulmi, ed in una ventina d'anni morirono milioni di olmi - in particolare moltissimi tra gli esemplari di grande mole. In Italia l'area interessata comprende tutta la Penisola e le isole con perdite vicine al 100% degli olmi adulti. Alcuni affermano che le specie di olmo in natura non sono minacciate di estinzione poiché le piantine fino a 2–3 m di altezza sono indenni dalla malattia. 

Nonostante questa affermazione attualmente è possibile vedere intere siepi di olmo completamente attaccate da grafiosi nonostante siano di ridotte dimensioni, e questo lascia pensare che lo stesso patogeno possa aver cambiato la sua stessa virulenza.

Considerando la sua distribuzione e la sua epidemiologia, possiamo dire che il patogeno segue l'areale delle specie suscettibili dell'olmo. Il fungo si conserva nell'ambiente, nelle piante infette e nei loro residui sparsi nell'ambiente; l'infezione può avvenire a seguito di contatti radicali tra piante sane e piante malate (anastomosi) o, più frequentemente, a causa di insetti scolitidi ( gen. Scolytus ) che fungono da vettori specifici. Le infezioni, infatti, si verificano più facilmente in conseguenza dello sfarfallamento primaverile degli scolitidi. Nel caso di siepi in ambito agrario, la probabilità che avvenga contagio, anche per via radicale è da non sottovalutare, considerando inoltre che le lavorazioni del terreno a ridosso delle  siepi o della vegetazione ripariale, senza attenzione alle fasce di rispetto, provocano lesioni radicali diffuse e sfrangiate che favoriscono il contagio tra individui malati ed individui sani.

La sintomatologia del patogeno arriva quando la pianta è ormai compromessa. Agente di tracheomicosi dei vasi legnosi, ossia ostruzioni dei vasi che portano le sostanze alle foglie; i sintomi sono caratterizzati da disseccamenti parziali od estesi, a seconda dell'età della pianta e dell'intensità dell'attacco, e, tipicamente, la presenza di imbrunimenti nelle ultime cerchie dell'alburno in sezione trasversale dei tessuti legnosi dei rami infetti.
Purtroppo se siamo in condizioni di notare i sintomi della grafiosi, significa che ormai c'è ben poco da fare nei riguardi dell'individuo colpito.

Per quanto riguarda la lotta a questo patogeno, non abbiamo armi che riescano a curare la patologia una volta evidenziata la sintomatologia, e ne la chimica, ne le cure colturali sull'individuo singolo possono dare risultati. L'azione da intraprendere è esclusivamente di tipo preventivo, principalmente mirata al miglioramento genetico dell'olmo al fine di creare individui o cloni resistenti incrociando le popolazioni europee con quelle asiatiche. In tal senso sono già stati commercializzati cloni resistenti al patogeno, frutto del lavoro dell,Istituto per la Protezione delle Piante IPP-CNR di Firenze, come ad esempio il clone denominato San Zanobi o Ulmus Morfeo.

Nel caso di popolamenti disposti a filare buona norma è la tempestiva eliminazione delle parti della chioma che mostrano i primi avvizzimenti e, nel caso questi siano estesi all'intera chioma. Nel caso di esemplari ormai secchi occorre procedere anche con l'asportazione della ceppaia.

Non vi è dubbio ed è palese che la soluzione più vantaggiosa in termini di risultati, ma anche in termini economici per la collettività è il monitoraggio e l'intervento tempestivo sul territorio e sui primi segni di malattia.




Il Caso delle Marche

Nonostante abbia avuto conferma dai miei colleghi che la situazione degli olmi è abbastanza critica su tutta Italia, nelle Marche, girandole da nord a sud, ho notato che le condizioni della popolazione di Olmo sono davvero critiche, e attualmente il livello di contagio è stimabile al 35% dell'intera popolazione (dato che conoscendo la virulenza esponenziale del patogeno è davvero critico).

Nel periodo fine estivo, quando le piante sono ormai all'apice degli effetti del patogeno è possibile vedere interi filari di olmo secchi.

La cosa critica è che stanno morendo anche gli esemplari isolati e lontani dalle campagne, segno che il patogeno grazie ai scolitidi, sta viaggiano rapidamente in ogni direzione.

Paradossalmente anche i cambiamenti climatici stanno facendo la loro parte, l'aumento della ventosità, se da una parte crea i classici problemi di stabilità delle alberature, dall'altra amplifica l'effetto dei patogeni che viaggiano aiutati dal vento, e quello che prima facilitava il contagio di esemplari a pochi chilometri di distanza ora si verifica anche a decine di chilometri di distanza.

Non da meno, purtroppo, è l'indifferenza degli amministratori, a vari livelli del territorio, che ignari della problematica, non stanno intervenendo tempestivamente, soprattutto in fase preventiva, con monitoraggi e azioni su primi focolai, mettendo a rischio l'intera popolazione di olmi della Regione Marche, ma anche dell'Italia intera.

Credo che sia arrivato il momento di sensibilizzare anche la popolazione, sia sui rischi che si corre, sia sul pericolo di epidemia, perché magari una segnalazione in più, responsabilizza chi gestisce la materia ambientale.


Riccardo Frontini

martedì 16 agosto 2016

Progettare il verde in modo sostenibile



La sostenibilità è considerata una prerogativa essenziale per garantire la stabilità di un ecosistema, ma anche di una catena industriale, o di una piramide sociale. In ambito ambientale, quello che in questo caso andremo a trattare, è considerata come la capacità di mantenere nel futuro i processi ecologici che avvengono all'interno di un ecosistema e la sua biodiversità. Tale concetto di sostenibilità è stato il primo ad essere definito e analizzato. Successivamente il concetto di sostenibilità venne allargato ad altri ambiti, in particolare alla sfera economica e sociale, fornendo una definizione più ampia, secondo la quale le tre condizioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale partecipano insieme alla definizione di benessere e progresso.

Tale generalizzazione del concetto di sostenibilità è stata svolta usando il concetto di "sistema", che è più generale del concetto di "ecosistema". In questo modo, per quanto riguarda la vita umana, la stabilità di un sistema, può essere vista come un modo per garantire la longevità di un sistema di supporto per la vita umana, che può essere il sistema climatico del pianeta, il sistema agricolo, industriale, forestale, della pesca e delle comunità umane che in genere dipendono da questi diversi sistemi. In particolare tale longevità è messa in relazione con l'influenza che l'attività antropica esercita sui sistemi stessi.

Oggi parleremo della progettazione del verde sostenibile, questo termine, si affaccia già da tempo a questo settore ed è di estrema attualità.

La progettazione sostenibile del verde però va percorsa seguendo due direzioni, quella relativa al pre-impianto e quella relativa al post-impianto.

SOSTENIBILITA' DI PRE-IMPIANTO
In questo caso, lo studio, ad esempio, si basa sul livello di incidenza ecologica dei materiali usati, dei livelli di lavorazione che comportano la posa in opera del giardino o dello spazio verde e infine dal livello di sostenibilità della cenosi creata in relazione agli aiuti esterni che essa abbisogna per vivere (irrigazione, manutenzione, ecc.).

Sembrano concetti molto complicati ma in realtà la progettazione sostenibile può essere considerata come una "progettazione di buon senso". 

Parlando di esempi pratici, ho voluto considerare le classiche rotatorie stradali, riportando due foto che ho fatto passando con l'auto:


In questo caso i materiali usati sembrano pochi ma in realtà dietro ad una progettazione del genere, abbiamo il minimo della sostenibilità, infatti possiamo vedere Cemento Armato, metallo, e prato e impianti tecnologici (fontana). Sicuramente questi materiali apparentemente semplici, hanno a monte un consumo energetico enorme per essere prodotti, in poche parole la produzione di una piastra in cemento armato comporta emissioni di CO2 legate alle risorse ed all’energia necessaria nella produzione dei materiali edilizi. Nella produzione del calcestruzzo l’apporto maggiore di emissioni di CO2 è dovuto all’enorme fabbisogno energetico (di tipo termico ed elettrico) ed all’emissione di CO2 legata alla produzione della risorsa cemento durante la fase di decarbonatazione del calcare. Come valore di riferimento viene considerata un’emissione media di CO2 pari a 0,70 kg per kg di cemento. Durante la produzione del calcestruzzo si ha inoltre un’emissione di 0,63 kg di CO2 per m³ di calcestruzzo . Per la produzione dell’acciaio di armatura si ipotizza un’emissione di 1,73 kg di CO2 per kg di acciaio. Il contenuto di acciaio della piastra è pari a 72,5 kg per m3 (fonte IAO).

Per la produzione di acciaio, se parliamo della quantità di energia utilizzata, sia per la raccolta o l'estrazione, sia per quanto riguarda la fusione e la lavorazione, arriviamo a livelli di assorbimento energetico e produzione di CO2 enormi. Basta pensare che il processo produttivo parte dalla raccolta e trasporto di scarti, normalmente eseguiti con camion, e poi giunge ai processi di lavorazione che avvengono in grandi centrali termiche (altoforni) che spesso sono elettrici con enormi Wattaggi.

Analizzando la rotatoria in foto, è facile capire quanta energia è stata utilizzata e quanta CO2 è stata prodotta a discapito dell'ecosistema.

In questo caso abbiamo ragionato solo con i materiali, ma è altrettanto semplice capire quanta energia e quante fonti di energia sono state utilizzate per la posa in opera, che vanno ulteriormente ad appesantire il bilancio dell'ecosistema, già segnato da tanti altri processi produttivi e antropici.

Continuando il viaggio per le rotatorie di una cittadina Marchigiana, dopo qualche centinaia di metri, mi si presenta questa realtà:


In questo caso, abbiamo l'esatto contrario di prima, il materiale utilizzato, nonostante anch'esso, per il suo processo produttivo abbisogna di una certa quantità di energia, non è mai elevata come quella dei materiali utilizzati in precedenza, ma soprattutto questo materiale, ha contribuito a ridurre la CO2, in quanto si sa che gli alberi sottraggono CO2 dall'atmosfera per accrescersi.

SOSTENIBILITA' POST-IMPIANTO
Avvenuta la posa in opera dei due progetti, il post-impianto, incide molto sia sulla sostenibilità sociale che economica.
Nel primo caso la prima rotatoria ha una scarsa capacità di assorbire polveri sottili e CO2, mentre la seconda in questi termini è molto più efficiente, in quanto è composta da materiale vegetale (magari avrei scelto specie diverse...ma va premiata la mission), pertanto a livello sociale la prima non ha nessuna efficacia, la seconda per quel poco che può fare è sicuramente più utile.

Da un punto di vista di sostenibilità economica, i costi di realizzazione della prima rotatoria sono nettamente superiori a quelli della seconda, e anche quelli di manutenzione, nel caso della prima rotatoria, non dobbiamo credere che siano più bassi perché non si potano le piante (il prato sta da entrambe le parti). Basta pensare alla manutenzione dei sistemi tecnologici della fontana.

Questo semplice esempio, ci fa capire che per Progettare il Verde in modo Sostenibile, occorre partire da lontano ed effettuare uno studio comparato dei materiali e della gestione, solo allora si riescono ad ottenere risultati ottimali.

Il futuro, apre la porta anche alla progettazione del verde fatta in modo sostenibile, la specializzazione dei progettisti, che sanno anche combinare in modo adeguata la scelta delle specie, soprattutto in ambito urbano, sarà un obiettivo da raggiungere per il prossimo futuro, in modo che una rotatoria ad esempio, ma come essa qualsiasi altro progetto del verde (parchi, giardini, piste ciclabili, ecc) non sia più un costo, ma un'infrastruttura verde, funzionale ed utile per l'ecosistema e la collettività.

Riccardo Frontini



domenica 10 luglio 2016

Cure del giardino: i consigli di base per ottenere ottimi risultati




Oggi parliamo delle regole principali per fare una manutenzione che dia i giusti risultati, e seguire con cura, amore ed efficacia lo sviluppo del nostro giardino, iniziamo dalla manutenzione del prato per poi finire alla potatura di alberi e arbusti, una carrellata veloce ed essenziale sui consigli di base da dare.


MANUTENZIONE DEL PRATO


Quando l’erba del vostro giardino avrà raggiunto i 7-8 cm si procederà al primo taglio. Data la delicatezza delle giovani piante è consigliabile l’utilizzo di macchine a taglio elicoidale, oppure utilizzare tosaerba avendo l’accortezza che la lama sia ben affilata. Dopo il secondo taglio l’erba tenderà ad accestire e si potrà passare con un normale tosaerba, ogni dieci giorni fino ad ottobre.



Vi sono delle regole principali a cui attenersi, non dimenticando che ogni tipo di miscuglio seminato ha una diversa crescita, resistenza al sole e all’acqua:

·         togliere le erbe infestanti, questo si ottiene con diverse tecniche (vedi tecniche di diserbo)
·         eseguire i tagli in tempi brevi, per evitare un ingiallimento per mancanza di luce alla base dell’erba
·         innaffiare i prati dopo ogni taglio per facilitare la ripresa vegetativa della piantina, è opportuno irrigare con grandi volumi d’acqua con intervalli di tempo più lunghi, questo per spingere la pianta a produrre radici più in profondità e più forti in grado di assorbire più sostanze nutritive.
·         Arieggiare il terreno ogni 3-4 mesi se il prato cresce molto rigoglioso e con presenza di elevato feltro oppure una volta all’anno almeno in prati con crescita media. Utilizzare dei rastrelli a lame verticali per togliere le piantine morte da eventuali trattamenti diserbanti e per rompere la crosta che si forma sul terreno dovuta alla pioggia battente ed al calpestio. Si possono utilizzare anche macchine arieggiatrici o carotatrici che prelevano una carota di terra per aumentare il ricircolo d’aria alle radici.
·         Concimare bene è fondamentale per avere un buon tappeto erboso, non è necessario utilizzare grandi dosi di concimi, quello che serve per un buon risultato è la costanza. Effettuare più concimazioni all’anno con basse dosi di concimi chimici, il concime deve essere ternario e contenente dei micro elementi, fondamentale per il prato è la presenza di ferro che permette alle radici di assorbire le sostanze nutritive che gli andremo a fornire. Se la struttura del terreno è in buono stato è sconsigliato l’utilizzo di sostanze organiche come letame e humus che potrebbero essere ricche d’erbe infestanti e miceli di funghi parassiti.
·         Nel periodo autunno invernale, è opportuno raccogliere le foglie cadute dagli alberi sistematicamente, questo per evitare l’insorgere di malattie fungine e l’ingiallimento per mancanza di luce dell’erba.


MANUTENZIONE DI ALBERI ED ARBUSTI

La miglior potatura è quella che non si vede, una pianta sana ed inserita nel giusto contesto, non avrebbe bisogno di essere potata.
Quando ci si accinge a potare un albero, non si deve pensare di cambiarlo drasticamente, ma si deve rispettarne la forma e le dimensioni. L’intervento deve quindi adeguarsi alla struttura della pianta, che deve essere alleggerita del superfluo, leggermente contenuta e rinforzata cosicché la luce possa raggiungerla in ogni suo punto. Se l’intervento è correttamente eseguito ed orientato al bene futuro della pianta, allora il passante occasionale, che non ha mai visto prima quel albero, non si accorge neppure che è stato potato.

Il valore di un albero
Al di là del fatto che l’albero é un essere vivente e come tale deve essere rispettato, occorre essere consapevoli del suo enorme pregio e del suo peculiare valore estetico. Come chi possiede un mobile prestigioso non usa inciderlo con una punta metallica lasciandogli segni indelebili che ne abbattono il valore e ne rovinano l’estetica, chi possiede un albero non deve offenderlo con potature improprie e capitozzature inadeguate.

Costi della potatura
Si potrebbe pensare che una potatura drastica, veloce e poco precisa sia più economica rispetto ad una potatura più curata ed anche più consona, che richiede più tempo. Invece, in generale, non è così. La potatura drastica, infatti, produce molta più legna da asportare rispetto alla potatura curata. Il risparmio ottenuto sul costo del potatore viene quindi annullato dal maggior costo della raccolta e dello smaltimento della legna prodotta, attività che, tra l’altro, impegna non una sola persona ma una squadra di lavoro dotata di mezzi adeguati.

Molte volte noi possiamo offrire allo stesso prezzo i due tipi di potatura e lasciare così al cliente la scelta che ritiene più consona alla sua pianta. Una potatura drastica, inoltre, indebolisce la pianta, poiché favorisce l’inserzione di rami che, negli anni, si ingrossano e costituiscono un costante rischio di caduta, obbligando ad interventi analogamente severi ogni 4 anni circa. Una pianta sempre ben potata, invece, richiede solo piccoli interventi correttivi e più dilazionati nel tempo. Si pensi ai bonsai come forma obbligata estrema: il bonsaista non aspetta 10-15 anni prima di intervenire sull’albero per trasformarlo, praticando enormi tagli, come lui vuole, ma inizia da subito ad allevarlo costringendone la forma secondo le sue esigenze senza peraltro provocare seri danni alla sua pianta. Alla luce di queste considerazioni, la scelta del tipo di potatura per la vostra pianta non dovrebbe lasciarvi alcun dubbio.

La pianta giusta al posto giusto
Quando si deve ricorrere all’abbattimento di un albero, é necessario richiedere un’autorizzazione al Comune di residenza. L’autorizzazione non è invece necessaria quando si pianta un albero. Eppure, la maggioranza degli abbattimenti che ci vengono richiesti non è conseguenza di morte della pianta, ma del suo esagerato ingombro “adesso che é cresciuta”. Il primo motivo per cui oggi si abbatte una pianta è perché, vent’anni fa, si è sbagliato a piantarla lì, dove si trova adesso. E allora, quando oggi decidete di piantare un albero, pensate bene alle dimensioni che raggiungerà da adulto ed ai problemi che potrà generare in relazione al luogo nel quale lo piantate. Se oggi vent’anni vi sembrano tanti, ricordatevi che il tempo scorre comunque, e a volte anche troppo in fretta!

Potatore di professione e potatore professionale
Per imbracciare una motosega non occorre una gran testa, così come per rovinare un albero. Molte persone, spinte solo dalla idea di fare soldi in modo rapido e poco impegnativo, si affacciano su questo mercato con troppa superficialità e senza la consapevolezza che preparazione ed esperienza sono attributi essenziali per esercitare correttamente una professione. Il potatore professionale, oltre a possedere una tecnica, crede anche che la pianta debba essere rispettata nel farle seguire i nostri desideri. Diffidate da chi rende le cose troppo facili e vi consiglia grossi tagli “perché così la pianta si rinforza”: non è professionale

Come trattare siepi ed arbusti
Questo è il caso più critico, dalla potatura delle rose, al mantenimento di una siepe in arte topiaria, la potatura e le cure da dare agli arbusti del nostro giardino è sempre più complicato di quanto ci aspettiamo all’inizio del processo manutentivo. Sicuramente un arbusto ci lascia un margine di errore maggiore rispetto un albero alto fusto, ma ricordiamoci bene che questo non deve essere un deterrente per affrontare tale manutenzione con leggerezza ed approssimazione. I nostri arbusti cresceranno forti con belle fioriture se noi li aiuteremo, con le giuste regole di posizionamento e manutenzione.

Per gli arbusti infatti l’esposizione è significativa e quasi limitante in alcuni casi, come il tipo di terreno, quindi buona parte della riuscita è la scelta iniziale dell’arbusto al posto giusto.
Poi naturalmente concimazione mirata (immagino le acidofile che prediligono un terreno acido), innaffiatura adeguata, ci sono arbusti che xerofili che non vogliono acqua o terreno eccessivamente umido, e infine potatura.

Gli arbusti sopportano meglio le potature errate, forse fioriranno meno, ma nella maggior parte con una potatura sbagliata non compromettiamo la pianta come nel caso di un albero ad alto fusto, è consigliabile anche in questo caso intervenire in modo adeguato e a seconda della forma, della specie e del compito (siepe, siepe libera, arte topiaria, ecc.) del nostro arbusto interverremo da un minimo di una volta all’anno fino a 5-6 volte all’anno (arte topiaria).





Il giardino è un essere vivente, e come tutti gli esseri viventi ha bisogno di cure e amore, per questo è importante conoscere regole importanti e minimali per ottenere già buoni risultati.


Riccardo Frontini





martedì 5 luglio 2016

La BioPiscina istruzioni per l'uso



Il concetto di “biopiscina” detta anche “laghetto naturale balneabile” è relativamente nuovo e inizia ad affermarsi, in Svizzera, Austria e Germania, nei primi anni Ottanta del secolo scorso. La differenza tra la piscina tradizionale e la “biopiscina” sta nel differente trattamento delle acque. Infatti, la piscina tradizionale, per purificare l’acqua e renderla atta al nuoto e allo svago, si affida a sistemi chimici. La “biopiscina” invece si affida a sistemi di filtrazione naturale che sono rappresentati dalla microflora e microfauna e dalle piante acquatiche (spondali, palustri, sommerse, galleggianti). Le piante hanno la funzione di assorbire azoto disciolto nell’acqua per limitare i fenomeni di eutrofizzazione che portano ad una forte presenza di alghe e di intorbidimento dell’acqua. La microflora e la microfauna hanno la funzione di vero e proprio filtraggio. Per potere ottenere un filtraggio naturale occorre dividere la “biopiscina” in due parti: la zona balneabile, utilizzabile per il nuoto e le attività ricreative e la zona cosiddetta di “rigenerazione”. In questa si collocano le piante acquatiche e si ha la maggior presenza di microflora e microfauna utile (presenti, anche, nell’acqua della zona balneabile). L’impermeabilizzazione viene ottenuta con teli in pvc. La biopiscina, pertanto, è un luogo vivo che deve raggiungere un equilibrio tra le popolazioni degli organismi viventi che lo abitano; al contrario, la piscina tradizionale è un ambiente asettico in cui la balneabilità è raggiunta in totale artificialità.


Il disegno

La “biopiscina” può assumere un disegno classico regolare, per lo più rettangolare ma si possono creare anche soluzioni miste in cui ad una parte regolare se ne associa una di forma irregolare o addirittura realizzare una forma completamente irregolare. Questi due ultimi esempi si adattano meglio ai giardini “irregolari” o naturaliformi, dove la vegetazione assume una disposizione e una forma che imita la natura. La piscina tradizionale può essere convertita, con opportuni accorgimenti in biopiscina e se ne può anche cambiare il disegno generale, ampliando la superficie destinata a quest’uso.

Le varie tipologie

Le “biopiscine” possono avere un grado di naturalezza più o meno spinto. Si passa cioè da biopiscine in cui non vi sono elementi tecnici accessori a biopiscine in cui il filtraggio naturale è molto spinto. Nel primo caso i costi sono più contenuti, ma si hanno tutti gli “inconvenienti” di nuotare in un laghetto artificiale. Nel secondo caso ci si avvicina maggiormente alle condizioni di acqua e di ambiente acquatico che si possono trovare in una piscina tradizionale con costi più alti rispetto al primo caso. Le biopiscine naturali, a bassa tecnologia e a media tecnologia, se ben progettate e convenientemente manutenute, raggiungono un equilibrio biologico in 3-5 anni, dopodiché l’impegno manutentivo subirà una notevole riduzione.

Biopiscina naturale

La biopiscina naturale, quindi, rappresenta la tipologia più semplice ove il controllo dell’acqua non prevede apporti tecnologici esterni quali pompe e filtri. La zona balneabile e la zona di rigenerazione hanno le stesse dimensioni (rapporto 1:1) e deve, per raggiungere un equilibrio naturale, essere di almeno 150 mq, la componente vegetale deve essere differenziata (piante palustri, spondali, sommerse e galleggianti); vi è una certa ricchezza di fauna rappresentata, prevalentemente da insetti e anfibi e quando si nuota si passa molto vicino alle piante, proprio come se si nuotasse in un laghetto naturale. La manutenzione deve essere regolare per garantire una durata nel tempo delle condizioni di balneabilità dell’acqua.

Biopiscina a bassa tecnologia

La biopiscina a bassa tecnologia prevede l’applicazione di una pompa, posizionata all’esterno della biopiscina, a basso consumo (24 volts), che consente il ricircolo dell’acqua pari al 20% del volume totale nell’arco delle 24 ore. Il rapporto tra area balneabile e area di rigenerazione e la tipologia di vegetazione da adottare sono analoghi alla precedente categoria.

Biopiscina a media tecnologia

La biopiscina a media tecnologia rappresenta la soluzione maggiormente utilizzata in quanto consente un migliore controllo delle condizione ambientali e allo stesso tempo mantiene un alto grado di “naturalezza” a costi relativamente contenuti. Prevede l’applicazione di una pompa, posta all’esterno della biopiscina, in grado di assicurare la circolazione dell’intero volume di acqua entro le 24 ore; e di skimmers. L’acqua deve essere immessa nella biopiscina dalla pompa in modo tale da creare un flusso superficiale che contribuisce alla pulizia dei materiali più grossolani quali foglie, semi, alghe che vengono intercettati dagli skimmers. La zona di rigenerazione deve occupare il 40% del totale e la vegetazione, essendoci meno elementi nutritivi di origine organica, deve essere selezionata escludendo le piante con foglie galleggianti (ad esempio le ninfee). La manutenzione deve essere soprattutto rivolta alla pulizia delle ceste degli skimmers che raccolgono la sostanza organica grossolana, il controllo delle piante, che non diventino troppo invasive, e la pulizia del fondo almeno 1 volta all’anno.

Biopiscine ad alta tecnologia

Le biopiscine ad alta tecnologia, rispetto la categoria precedente, prevedono un filtraggio più spinto mediante l’apposizione di filtri di natura organica o minerale (ghiaia o microfibre). La pompa deve essere più potente rispetto la precedente in quanto il ricircolo dell’intero volume di acqua deve avvenire due volte al giorno, da qui maggiori costi di energia elettrica ma anche maggiori oneri manutentivi. I vantaggi, se tali si possono considerare, sono una maggiore limpidezza e trasparenza dell’acqua, la possibilità di un utilizzo intenso e una maggiore area di balneazione, infatti la zona di rigenerazione può essere introno al 30-35% del totale.

Biopiscine ad altissima tecnologia

Le biopiscine ad altissima tecnologia impiegano maggiori ausili tecnici per aumentare la zona balneabile a scapito di quella destinata alla rigenerazione, che solitamente non è contigua alla balneabile. La zona di rigenerazione si limita ad interessare il 30% circa della superficie complessiva. Si ricorre al filtraggio soprattutto mediante impiego di filtri minerali (zeolite, ghiaia, ecc.) e si tende a ridurre anche considerevolmente la presenza delle piante acquatiche. Il sistema di pompaggio deve assicurare il ricircolo dell’acqua più volte al giorno. Si ha, quindi un aumento dei costi gestionali e manutentivi (pulizia o sostituzione dei filtri).



Nonostante sia molto bella, la biopiscina nasconde anche qualche problematica, ad esempio nei mesi caldi con temperature molto alte si potrebbero verificare dei seri problemi di contaminazione da batteri, pertanto oltre al monitoraggio sarà opportuno usare dei prodotti naturali e biologici per la "cura dell'acqua".
Come detto nell'introduzione, le biopiscine nascono in Svizzera, Austria e Germania, cioè in nazioni con temperature medie estive molto più basse delle nostre.
Il mio consiglio, per chi vuole optare per una biopiscina, è quello di informarsi bene e sul reale funzionamento, perchè in questo caso la disinformazione, l'improvvisazione e l'ignoranza può giocare davvero dei brutti scherzi, anche molto pericolosi.


Riccardo Frontini




sabato 18 giugno 2016

Il Giardino Sensoriale e gli Ortogiardini



In questo articolo voglio continuare parlando della progettazione degli Ortogiardini e soprattutto delle caratteristiche dei giardini Sensoriali, cioè quelli che permettono di intensificare l'uso di uno dei cinque sensi che ci appartengono, e che in base ad una corretta progettazione permettono di giungere in porzioni del giardino dove ogni senso è più sviluppato, grazie all'uso di piante, acqua e materiali.

Iniziando con gli ortogiardini, le differenti tipologie si possono elencare e definire così:

ORTI-GIARDINI PER NON-VEDENTI
Stimoli sensoriali legati al tatto (materiali per sentieri, bordi, corrimano, trama del fogliame consistenza delle foglie), all’olfatto (fioriture, piante aromatiche, resinose essenze a foglia profumata), all’udito (uccelli, piccoli animali, fruscio foglie, pavimentazione sentieri), al gusto (frutta e verdura).

ORTI-GIARDINI PER BAMBINI
Aspetto ludico legato al movimento e al gioco, acqua, sabbia. Orientamento spazio temporale, attività multidisciplinare che coinvolge tutte le materie insegnate (geografia, matematica, lingua, scienze ecc.).

ORTI-GIARDINI PER ANZIANI
Mantenimento attività fisica, legame con il passato, simbolo di vita, orto familiare aiuole piante in vaso all’interno degli istituti.

ORTI-GIARDINI PER CARCERE
Sviluppo dell’autostima, accudimento, sospensione del giudizio, gratificazione risultato sia pratico che estetico (orto, frutteto, abbellimento degli spazi interni al carcere, inserimenti in progetti esterni).

ORTI-GIARDINI PER MALATI
Rilassamento, riduzione sensibilità al dolore, miglioramenti più veloci.

ORTI-GIARDINI PER DISABILI
Attività per mantenere e sviluppare abilità intellettuali e sociali attraverso lo stimolo sensoriale mirato.




Per quanto riguarda il giardino sensoriale in fase di progettazione dovremmo tener conto di queste particolari condizioni per ottenere il risultato sperato in ogni singola area dedicata ad uno dei cinque sensi:

TATTO: (mano, polpastrelli, piede, corpo) toccare per percepire le superfici, dà il confine del nostro corpo… tatto e movimento, contatto volitivo, fare precocemente esperienze tattili previene l’apatia, bisogno del bambino di toccare ed essere toccato, prolungare le esperienze tattili nel tempo.
IN GIARDINO: progettare percorsi stretti ( boschetti di bambù, siepi) e frondosi, toccare materiali diversi, accarezzare piante e foglie particolari, tronchi, creare sabbionaie e pietraie….

VISTA: (occhi e vista nelle varie ore della giornata) la luce plasma l’occhio che è a contatto con il cervello, stimolare la vista precocemente migliora il senso della distanza, creare effetti di chiaroscuro, luce ed ombra, poi i colori.
IN GIARDINO: giocare sul portamento e forma piante, puntare sul colore delle foglie anche nel trascorrere delle stagioni, creare belle prospettive, dare il senso della profondità, alto basso, anche con vasi e fioriere di diverse grandezze, i fiori come tavolozza con cui dipingere il giardino.

UDITO: (orecchio suono) il suono aiuta a cogliere qualità particolari, nella spirale dell’orecchio ci sono forze spirituali fonte di ispirazione interiore (sentire dentro) canto degli uccelli che cambia nei diversi momenti della giornata, saper cogliere le differenze distinguere tra udire/sentire (legato al sentimento) e ascoltare (legato alla concentrazione).
IN GIARDINO: cogliere i diversi suoni delle fronde, degli elementi naturali (vento pioggia…) rumore dei lombrichi calpestare un tappeto di foglie secche, far cantare i semi, il suono dell’acqua cascate zampilli….

OLFATTO: aiuta a capire la qualità delle cose, ciò che va e che non va (sano/marcio), ciò che porta salute (non solo fisica ma anche spirituale) ci aiuta a percepire anche le qualità morali delle cose (qualcosa che “puzza”).
IN GIARDINO: fare contrasti di odori e puzze ( fiori-arbusti) piante aromatiche terra fertile humus (profumo del bosco) terreno che puzza e profuma (compost), decomposizione come fonte di vita….

GUSTO: legato a ciò che porta salute o no al mangiare ad alimentarsi (e alle sue patologie) alla vita stessa percepire ciò che è sano o no legato più alla salute sul piano fisico sviluppo del piacere di assaggiare.
IN GIARDINO: l’orto è il luogo per eccellenza per fare esperienze di gusto imparare i sapori dolce, amaro, aspro, verde, maturo…. 



Riccardo Frontini - Agronomo Paesaggista


domenica 12 giugno 2016

ORTOTERAPIA - Progettare al servizio delle persone


Che le piante siano importanti per le persone è evidente sotto molti aspetti. I fiori sono spesso al centro di occasioni gioiose ma anche in caso di eventi tristi. Dedicarci anche solo per qualche ora alla cura di un orto, di un giardino o di un balcone ci avvicina alla terra, ci mostra i tempi della natura, ci insegna i ritmi delle stagioni, pone un limite alla nostra fretta, ci istruisce su come interagire con l’ambiente che ci circonda, ci rende più attenti e responsabili nei confronti della natura. In questo contesto si inserisce la TERAPIA ORTICOLTURALE che è un particolare tipo di terapia occupazionale che utilizza il rapporto con le piante e la terra per agire sulle varie problematiche che possono affliggere un individuo.

Più specificamente si può definire l’ORTOTERAPIA come una forma di cura che usa le piante, l’attività di giardinaggio e l’innata affinità che noi sentiamo verso la natura come mezzo professionale in programmi di terapia e riabilitazione. Principale scopo della riabilitazione è permettere all’individuo di raggiungere il suo massimo livello di indipendenza psicologica, sociale, fisica ed economica.

Il rapporto affettivo che si instaura tra la persona che ha problemi psichici e la pianta che cresce la aiuta ad imparare a prendersi cura di un altro organismo, assumendo delle responsabilità quindi aumentando la fiducia in se stessa e nelle proprie capacità. Le piante e gli animali consentono al paziente che se ne occupa di esercitare il suo controllo , la loro crescita, la loro vita riproduttiva e la loro morte forniscono l’immagine di un microcosmo di tutte le fasi dell’esistenza e dell’accettazione di ognuna. Il giardinaggio si pone quindi come ambito creativo di cura e di lavoro che offre all’individuo disagiato un ambiente dove realizzare se stesso. Inoltre queste attività si prestano molto al lavoro di gruppo sviluppando un senso di appartenenza, favorendo la socializzazione e la convivenza. Altri ambiti che vengono sviluppati sono la manualità, il piacere di lavorare all’aria aperta e l’interazione con l’ambiente.
I principali aspetti che interessano la terapia orticolturale sono:

  • ASPETTO TERAPEUTICO
  • ASPETTO SOCIALE
  • ASPETTO PROFESSIONALE
ASPETTO TERAPEUTICO

L’ortoterapia può stimolare diverse aree quali:
  • COGNITIVA: memoria, pensiero logico, orientamento, il linguaggio, il giudizio, la capacità di calcolo e apprendimento, la concentrazione, l’attenzione, la capacità di lettura e scrittura, la capacità di previsione e proiezione.
  • FISICA: per svolgere l’attività sono richiesti movimenti unilaterali e bilaterali, la coordinazione di movimenti fini, globali ed oculo-motori, forza e resistenza muscolari, dosaggio della forza, mantenimento delle posture, equilibrio, capacità olfattive( il profumo dei fiori e della terra), gustative( il sapore dei frutti a livelli diversi di maturazione, dolce-salato-amaro-acido), uditive ( il canto degli uccelli, il rumore dell’acqua e del vento), visive ( riconoscimento delle forme, dei colori, l’uso dello spazio) e soprattutto tattili ( consistenza, temperatura, umidità…)
  • COMPORTAMENTALE: il contatto con la natura riduce lo stress, i comportamenti aggressivi, l’affaticamento mentale, aiuta a combattere la depressione e l’ansia, distrae dalle stereotipie, stimola l’accudimento e il senso di responsabilità, stimola la pazienza, il rispetto delle regole, invoglia all’esplorazione dello spazio circostante, aiuta l’autocritica, il lavoro di gruppo porta al rispetto delle esigenze altrui

ASPETTO SOCIALE

L’attività di terapia orticolturale stimola le capacità affettive (il paziente si prende cura delle piante che gli sono state affidate); aiuta a migliorare l’autonomia, offre momenti di progettazione partecipata con la formulazione di proposte sui lavori da eseguire, migliora l’autonomia sulla gestione dell’abbigliamento e l’igiene personale, offre un’attività gratificante attraverso lavori creativi e piacevoli. Veder crescere una piantina seminata da noi ci fa sentire capaci di fare qualcosa e questo aiuta l’autostima. La competenza lavorativa che si acquisisce migliora il concetto di sé e facilita la socializzazione stimolando il senso di responsabilità e l’iniziativa.

ASPETTO PROFESSIONALE


Dove il tipo di disagio della persona che partecipa ad un’attività di ortoterapia lo consente è possibile progettare un percorso riabilitativo che permetta l’acquisizione di competenze specifiche per un possibile inserimento nel circuito lavorativo. Questo può essere possibile utilizzando lo strumento delle borse lavoro e dell’inserimento in cooperative sociali che si occupano del verde sia pubblico che privato. 



Ad oggi sono stati eseguiti molti progetti di questo genere dove si uniscono diverse professionalità, alla base rimane fondamentale in ogni modo, trasportare i concetti di progettazione classica, non più al servizio della bellezza o la comodità, ma soprattutto al servizio della persona, intersecando bene gli aspetti sopracitati, con gli obiettivi e con la capacità di progettare.

Riccardo Frontini

giovedì 26 maggio 2016

LA CARTA DEGLI ALBERI CADUTI - Un esperimento di condivisione tecnica



Bene è da qualche tempo che sto cercando di condividere e chiedere condivisioni in ambito Arboricolturale a colleghi professionisti.

Ragionando con un amico, ho avuto questa idea, che dovrà essere sicuramente perfezionata ma che oggi ha posato il seme di un nuovo modo di condivisione, dove tutti potranno entrare e partecipare alla raccolta di informazioni ainserendo le proprie esperienze e ciò che può essere di aiuto, per migliorare la gestione del verde urbano.

Grazie ad un programma free, ho creato una mappa su cui è possibile inserire dati e posizionare in ambito nazionale, le alberature che hanno avuto un cedimento e che quindi sono cadute rovinando al suolo, è possibile inserire una descrizione dell'evento e una diagnosi (se si è in grado) dell'accaduto.

Sarà un'area aperta, completamente libera dove sarà possibile entrare e condividere e recepire informazioni, sta alle persone ora, tecnici e non, saper condividere operazioni ed informazioni del genere.

Tutto questo, potrà essere un ottimo strumento per i valutatori di stabilità o per tutti coloro che si occupano di Arboricoltura, potrà però ,  essere anche uno splendido strumento di idiozie e inadeguatezze.

Sto perfezionando le impostazioni, e credo di riuscire a metterla on line per la fine di giugno, intanto incamerate dati, si accettano sugerimenti e idee per affrontare questa nuova avventura insieme.

Spero davvero che abbia un futuro e che possa in qualche modo funzionare, è una prova, sono fiducioso e chiedo la vostra partecipazione.

Grazie

Riccardo Frontini

www.drfrontini.it
facebook

venerdì 29 aprile 2016

SICUREZZA DELL'ALBERO 3 - importanza del sito di impianto - "la buca per l'albero"


Giunti a questo terzo appuntamento, andiamo ad esaminare l'importanza del sito di impianto, più volgarmete definito "la buca dove mettere l'albero".

Nel momento della piantagione dell'albero, si ipotecano quelle che sono le aspettative future di radicamento dell'albero stesso, e di conseguenza, la stabilità nei riguardi dello scalzamento e soprattutto la vitalità e la salute dell'albero in fsse di accrescimento e sviluppo.

In molti, superficialmente, credono che fare una buca, infilarci la pinta dentro e dargli un po' d'acqua, sia la cosa più efficace da fare. Paradossalmente invece, questa fase è di fondamentale importanza e le variabili da considerare sono davvero tante.


Inizialmente, ancor prima di creare il sito, occorre capire dove scavare e come scavare. Il dove, è dipeso dalla scelta del posizionamento dell'alberatura, in pratica, occorre fare attenzione se la buca verrà fatta in prossimità di muri (che possono diventare un ostacolo alle radici, al colletto ed al fusto), oppure lungo delle linee tecnologiche interrate (fognature, guaine elettriche, tubi di irrigazione o dell'acqua potabile.


Nonostante le reti tecnologiche, possano essere anche a profondità maggiori di quelle raggiunte con il foro o che raggiungerà l'apparato radicalea pieno sviluppo, se successivamente all'impianto, dovessimo effettuare delle manutenzioni straordinarie per via di rotture o modifiche alle reti, ci ritroveremmo a dover togliere la pianta (nel peggiore delle ipotesi) o danneggiare l'apparato radicale per scavare e raggiungere la rete tecnologica.



Danneggiare l'apparato radicale significa recare dei danni fisiologici critici e soprattutto rendere la pianta instabile per via della ridotta presa delle radici sul terreno.




Non da meno sono le linee tecnologiche aeree, come i cavi elettrici della bassa tensione, questi, per legge, non devono avere piante alto fusto sotto la loro proiezione a terra, altrimenti incorreremmo nel rischio, che le ditte di manutenzione della linea elettrica, vengano a "potare" le nostre alberature, devastandole e pertanto rendendole instabili e arrecando anche in questo caso danni fisiologici importanti.





Passando al "come" piantare la nostra alberatura, è importante prima di iniziare a scavare aver ben chiaro il tipo di albero che andremo a mettere a dimora, le sue esigenze in termini di spazio, di luce e soprattutto di terreno. Tutto questo per garantire lo sviluppo in salute della pianta stessa nella sua fase di accrescimento.

In termini tecnici, un foro di impianto di un albero, va eseguito utilizzando degli attrezzi, a mano o meccanici (escavatori), che abbaino la possibilità di lasciare le pareti del foro abbastanza frastagliate, quindi senza pareti lisce e compattate. le pareti compatte e lisce, come quelle ottenute con fori da trivella, non favoriscono lo sviluppo della radice, ricreado un "effetto vaso" (invalicabile) che rischia di farle attorcigliare a se stesse, strozzare il colletto e non esplorare il terreno.

Una radice che non esplora il terreno, significa da un punto di vista fisiologico, uno scarso assorbimento dei nutrienti, una bassa vigoria, difficoltà alla cicatrizzazione dell'apparato epigeo, scarse difese, pianta complessivamente indebolita e soggetta ad attacchi di patogeni.

Da un punto di vista meccanico, un effetto vaso, comporta una bassa presa nel terreno dell'apparato radicale e quindi una propensione allo scalzamento maggiore.




Una volta eseguita la buca, se siamo in presenza di un terreno di buon impasto e con un buon apporto di sostanza organica, non fate assolutamente concimazioni di fondo e strati di terriccio o stallatico, infatti questo porterà la radice a non espandersi per via delle buone condizioni che trova nell'immediato. Al contrario se siete in una condizione di terreno sterile, fate una buca più grande (più del triplo della zolla) e miscelate nel terreno di copertura e reinterro, degli ammendanti naturali (compost, letame, ecc) che favoriranno la radice nel suo compito esplorativo.

Passando al tutoraggio, personalemente, preferisco e prediligo il tutoraggio alla zolla, perchè permette alla parte epigea di svilupparsi liberamente con le sollecitazioni reali a cui andrebbe incontro il normale sviluppo del fusto di una pianta da seme.




Ora passiamo all'irrigazione, mai fare un bordo rialzato alla pianta per far in modo di accumulare acqua o la classica buchetta dove poi annaffiare, questo comporta due pericoli, il primo un'asfissia al colletto che porta lentamente alla morte della pianta dovuta ai marciumi dettati dall'umidità, il secondo uno sviluppo delle radici assorbenti avventizie (funzione solo di assorbimento) a discapito di quelle di ancoraggio (funzione di assorbimento esplorativa e di sostegno), dovuta alle condizioni superficiali di benessere e intorno al fusto.





Per questo consiglio sempre di inserire nel foro, prima di posare l'alberatura, il "tubo irrigante", ossia un classico tubo drenante in PVC (forato), posato sul fondo della buca con le due uscite fuori dal livello del terreno. Successivamente alle prime irrigazioni (due o tre circa), che obbligatoriamente vanno fatte sulla pianta, per favorire la compattazione del terreno negli spazi vuoti a seguito del reinterro, effettueremo delle irrigazioni infilando acqua nel tubo drenante, questo permetterà all'acqua di traslare lateralmente e risalire per capillarità e bagnare il terreno inclusa la nostra zolla, senza mai creare

asfissia radicale o peggio ancora al colletto.


Infine, per dare sicurezza agli operatori e salvaguardare la pianta dai classici danni al colletto, dovuti spesso alle operazioni di manutenzione (decespugliatore, tagliaerba, ecc), inseriamo un pezzo di circa 30 cm, di guaina elettrica da esterno, per il passaggio dei cavi elettrici, operando un taglio verticale per tutta la sua lunghezza. A buon prezzo, avremo una protezione davvero resistente del colletto, mentre il taglio verticale, permetterà alla pianta di espellere la protezione automaticamente in base al suo accrescimento.





Seguire questi semplici consigli, darà la possibilità all'alberatura, di accrescersi in modo corretto ed in piena salute, salvaguardando in futuro, la sicurezza di chi ne sfrutti bellezza, bontà e comodità.

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Un saluto a tutti

Riccardo Frontini