Dr Riccardo Frontini
garden designer - green coaching - expert
mercoledì 1 febbraio 2017
La città è invivibile...perché?
Questo è, come si dice in gergo, è un post di denuncia, almeno così fa un bel effetto, ma forse un semplice sfogo è più realista. Vado girando per Comuni, Amministrazioni, ma anche qui in rete oppure in convegni e riunioni tra professionisti...e la frase che più ricorre è questa:
Ma cosa si può fare per fare in modo che l'ambiente, il verde, la vivibilità del nostro habitat sia migliore?
Bella domanda, e come al solito ci troviamo a dare tante soluzioni, le più disparate e innovative, il problema che le soluzioni ce le diamo tra di noi tra chi già le soluzioni le conosce, tra chi già le individua e capisce che sono efficaci, efficienti e innovative.
Nonostante tutto questo rimaniamo sempre impantanati sulle solite sabbie mobili, allora mi chiedo:
Come mai abbiamo gli strumenti, abbiamo le conoscenze adeguate, abbiamo perfino le leggi quasi giuste (siamo in Italia non ci possiamo lamentare troppo) abbiamo le normative, eppure siamo sempre fermi li al solito punto? Ma qual è questo punto? Dove siamo fermi?
Semplice! Il paesaggio deturpato, la campagna si spopola degli elementi caratteristici come i filari di alberi, i piccoli uliveti o le querce isolate, la vegetazione dei fossi. Le città hanno piante che cadono, spesso uccidono persone e i bambini non giocano più nei parchi perché fanno schifo, oppure perché sono al centro di una rotatoria ad alta percorrenza di traffico. Per non parlare del degrado, la sporcizia, l'immondizia con il camion che non passa, l'erba non tagliata, rami a penzoloni...di tutto di più!
Insomma!!! inciviltà allo stato puro!!! la 7° economia mondiale, i grandi artisti, la storia, il Bel Paese meta di vacanza di due terzi della popolazione del mondo (si si sto parlando dell'Italia), che però in realtà ha solo il ricordo di tutto questo, perché è invivibile, perché sta cadendo a pezzi.
E allora mi chiedono ancora...Ma dove sta il problema?
A questo punto io mi sono messo a cercarlo, a riflettere, a ragionare (per quello che il mio povero ed insignificante cervello può fare)...e ho cercato di trovare dove sta realmente il problema.
RAGIONARE!!!....già questo è un problema...si quella cosa che stanno cercando di evitare di farci fare, grazie anche a dei media che ci spingono a non farlo...tra una trasmissione idiota e l'altra come quella dei naufraghi...che si lamentano perché muoiono di freddo quando ci sono migliaia di terremotati sotto la neve da due mesi e non è un reality!
Insomma dove sta il cancro del nostro ritrovarci in questo cronico essere impantanati?
1) La CULTURA, non pervenuta! Pensare che 100 anni fa non esistevano gli ambientalisti, le querce si abbattevano, una all'anno per ogni famiglia, per scaldarsi, ma la differenza era che se ne nasceva una piccina, invece che stroncarla con un trinciastocchi, veniva curata, perché sarebbe stata la quercia che avrebbe scaldato la famiglia dei propri figli (non pensavano ancora alle caldaie a metano e gasolio e al PM10), oggi siamo pieni di ambientalisti, ma che non sanno nulla di ambiente...facciata, visibilità e null'altro.
2) Il BUONSENSO, riutilizzavano...gran bel termine! Una scatola si riutilizza, con la bottiglia della birra ci si faceva la conserva e si comprava solo il tappo nuovo. Oggi compri la birra nel vetro perché altrimenti fa schifo e se va bene la ricicli (che per quanto fico ha un grosso costo economico ed energetico per il processo tecnologico) oppure la lanci in mare se ci arrivi ma se va male la spacchi prima in spiaggia (fate un giro per Monopoli ad esempio e guardate cosa c'è in spiaggia....come De Gregori....pezzi di vetro!)
3) I PROFESSIONISTI DEL SETTORE, molti che si improvvisano, molti che cercano il loro orticello e non condividono nulla, neanche si confrontano, molti che credono di essere arrivati e quando ancora c'è tanta strada, infine molti che non sanno fare il loro mestiere, specialmente sull'ambiente, come le perizie di stabilità fatte da ingegneri ed architetti (ora si scatena l'inferno!)
4) Le AMMINISTRAZIONI, questo è il top, io incontro tecnici comunali disperati, che sanno bene quali sono i problemi del settore ambientale, del verde urbano, che hanno paura perché le criticità ci sono, provano a spiegarlo ad amministratori...sindaci...assessori....consiglieri, che nella stragrande maggioranza dei casi se ne infischiano e prendono decisioni dettate solo dal loro ego politico, potano a zero (si dice capitozzano) alberi e li condannano a morte solo per prendere i voti di quei cittadini che stanno nella via! e neanche loro sono consapevoli di quello che chiedono. Mettono piante annuali con i soldi di tutti su rotatorie spartitraffico e non investiranno mai in una bella pista ciclabile o uin parco polifunzionale (con i soldi di 30 anni di piante annuali, si costruisce un area verde che dura 100 anni, e serve a qualcosa) fanno gare al massimo ribasso e danno lavoro a chi costa meno fregandosene se poi il lavoro fa schifo e tutti paghiamo lo scempio.
5) Le AZIENDE DEL SETTORE, molti di questi sono improvvisati costano poco valgono poco e quegli stupidi che si specializzano (perché in Italia se ti specializzi sei stupido!!! costi di più e non vinci una gara d'appalto) li fanno a brandelli, e intanto tutto fa sempre più schifo nelle nostre città!
6) Le UNIVERSITA', fantastiche!, Dovrebbe essere l'organo di ricerca di un paese, ma ultimamente l'università ricerca solo come raccimolare qualche soldo entrando nel mercato del lavoro. Ma si!!! oggi con i soldi di tutti si fanno le aziende spin-off o start-up (fa fico ma è come un contrtto di apprendistato...lavori gratis per l'università che raccimola qualche soldino), e con le risorse universitarie per tre anni stai a galla poi dopo averti dato una spinta ti lanciano nel vuoto e una ditta che nasce con dei favoritismi, a meno che non sia fatta di soci che avrebbero decollato anche da soli, si schianta e scompare...e intanto niente ricerca!!!
Credo che vi ho già rotto le scatole vero? Ma alla fine questi sono problemi reali...il nostro ambiente, da quello urbano a quello agrario sta facendo sempre più schifo! la colpa non sta nelle leggi (ci sono) la colpa non è dell'inquinamento globale o i cambiamenti climatici (sono la risultante dei nostri piccoli interventi quotidiani e delle politiche senza senso), la colpa è nostra del genere umano che quando parla di ambiente non sa di cosa parla, non ha adeguato rispetto e programma da lì alla prossima legislatura (se va bene 5 anni....se va bene!), purtroppo però con l'ambiente non puoi pianificare se non lo fai in un lasso di tempo almeno ventennale.
Secondo me i corsi di aggiornamento dovremmo farli anche per chi ci amministra, magari iniziano a fare quelche scelta migliore rispetto a quelle che da 50 anni ci hanno fatto arrivare fino a qua!
Scusate lo sfogo
Un saluto
Riccardo Frontini
www.drfrontini.it
mercoledì 18 gennaio 2017
Il Giardino Indoor
In questo articolo voglio dare alcuni consigli a chi come molti, vive in un appartamento magari in un grande condominio e magari senza balconi di grandi dimensioni ma ha voglia di verde e di dedicare del tempo al giardinaggio.
Naturalmente in questi casi, le difficoltà aumentano e spesso siamo portati a pensare che il giardinaggio sia solo possibile la dove abbiamo da utilizzare un appezzamento di terreno.
Oggi invece le tecniche e i materiali ci permettono di costruire dei veri e propri giardini e orti indoor, cioè all'interno delle mura di casa.
Alcuni esempi sono dati dai giardini verticali, dalle composizioni in contenitori, e tutto dipende anche da quanta creatività abbiamo in noi e quanto siamo disposti a metterci in gioco.
In alcuni casi è importante il sostegno di un professionista per poter progettare adeguatamente il nostro giardino verticale da interni, ma altrettanto spesso possiamo anche far da soli ed inventarci soluzioni davvero interessanti.
IL GIARDINO VERTICALE DA INTERNI
I giardini verticali interni caratterizzano e decorano gli ambienti facendo da fondo scenografico all'interno di palazzi, reception, uffici, negozi e ristoranti ma anche all'interno di appartamenti privati. Stupiscono con il loro fascino e la loro importante resa estetica. Questi, realizzati in base alle richieste progettuali e alle caratteristiche dello spazio, sono fissati a parete con apposite strutture. Le piante devono essere selezionate e vengono scelte anche in base all'effetto desiderato. Per garantire il giusto apporto di luce è possibile predisporre un impianto di illuminazione artificiale per la crescita e il mantenimento delle piante. Dobbiamo predisporre l'impianto di irrigazione autonomo ed automatico e garantire una struttura portante che possa favorire anche il ricambio d'aria a livello radicale.
Di seguito vi segnalo alcuni link dove trovare queste strutture da acquistare anche on line
2. http://www.edilportale.com/prodotti/fils/giardino-verticale-per-esterno/marinelli-system_229132.html
Costruire un giardino verticale non ha bisogno solamente di strutture brevettate e modulari ma possono essere costruiti anche grazie al riutilizzo di materiali di scarto. Alcune idee non brevettate ma sicuramente testate e funzionanti sono quelle con l'utilizzo di pallet ad esempio:
I pallet si prestano molto bene a tantissimi riutilizzi, e sembrano proprio fatti apposta per essere allestiti con composizioni di piante verdi e fiorite. La loro struttura infatti permette un’ottima crescita verticale, e una volta trasformati sono perfetti per interno o balconi, anche di piccole dimensioni. Per evitare di sporcare la parete sulla quale verrà appoggiato o fissato il pallet basterà coprirla con un pannello. I pallet di piccola dimensione possono essere appesi sulle pareti dell’abitazione e decorati con vasi fissati alla loro struttura. È molto interessante il contrasto tra il pallet bianco e i vari contenitori colorati. e possono diventare davvero dei quadri viventi.Un'altra soluzione molto interessante e semplice da eseguire sono i classici barattoli alimentari in vetro, detti anche barattoli da muratore, sono perfetti per ospitare piccole erbe aromatiche e, se fissati ad un asse sulla parete, creeranno un delizioso allestimento verde e avrete le vostre spezie fresche e sempre a portata di mano.
LA SCELTA DELLE PIANTE
AGLAONEMA CRISPUS (AGLAONEMA)
ANTHURIUM (ANTURIO)
HEDERA (EDERA)
CLOROPHYTUM SSP. (FALANGIO)
NEPHROLEPSIS EXALTATA (FELCE DI BOSTON)
PHILODENDRON (FILODENDRO)
SCINDAPSUS (POTHOS)
SANSEVIERA (SANSEVIERA)
SPATHYPHYLLUM WALLISII (SPATIFILLO)
TILLANDSIA (TILLANDSIA)
SYNGONIUM (SINGONIO)
Ora non rimane altro che mettersi al lavoro e iniziare a studiare il giardino indoor che meglio si adegua al vostro arredamento ed alle vostre condizioni.
Riccardo Frontini
www.drfrontini.it
https://www.facebook.com/drfrontini.it/
Riccardo Frontini
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sabato 8 ottobre 2016
Prepariamoci per l'inverno: cura del giardino
In questo articolo voglio parlare di quali attenzioni dedicare al vostro giardino per prepararlo alle fredde giornate invernali.
Spesso ci accorgiamo solo in primavera dei danni che l'inverno ha creato al nostro giardino, e pertanto possiamo far ben poco per migliorare le brutte condizioni che ci ritroviamo dopo i mesi invernali.
I giorni a cavallo tra settembre e ottobre sono quelli migliori per preparare il nostro giardino al freddo, al poco sole, alla neve e alle gelate dell'inverno.
Per iniziare parliamo del prato, sicuramente è uno degli ambienti che più soffre il freddo, per fortuna l'incidenza del freddo si traduce principalmente in una diminuzione del fattore estetico più che fisiologico, infatti il prato resiste bene al freddo, ma se non ha le adeguate cure rischiamo di ritrovarci nel mese di marzo con un prato ingiallito e spoglio, certamente in sofferenza.
Per evitare questo, è importante agire in questo periodo, con delle semplici operazioni:
1) per prima cosa dobbiamo operare un'arieggiatura del prato, utilizzando degli appositi macchinari che si possono trovare anche in affitto nei centri specializzati per il giardinaggio. Questa operazione ci tornerà utile per evitare i ristagni idrici delle piogge che possono causare gli attacchi funginei invernali, eliminare la parte di prato secco a contatto con il terreno, cioè il feltro, ed infine per diradare il prato e quindi evitare di avere un microclima che favorisce il diffondersi di malattie nella parte finale dell'inverno con l'alternarsi di sole e pioggia, come ad esempio le ruggini.
2) successivamente l'operazione che ci permetterà di rinforzare il nostro prato, è quella della concimazione. Questa operazione però deve essere eseguita utilizzando dei particolari concimi, che permettano al prato di aumentare il succo cellulare del fogliame con dei sali, che come ben noto, evitano lo stress causato dalle gelate. I concimi da utilizzare devono avere una serie di microelementi molto importanti come il ferro (Fe), il magnesio (Mg) e lo zolfo (S), infatti in alcuni casi per evitare anche la formazione del muschio invernale viene utilizzato l'ossido di ferro. La composizione con i minerali principali invece (NPK) deve avere un titolo che va dal 10 al 15 di azoto (N), dallo 0 al 5 di fosforo (P) e dal 15 al 25 di potassio (K). In commercio si trovano concimi con tutti questi elementi miscelati tra loro.
3) nei casi di forti gelate nel periodo fine invernale, è consigliabile nelle ore centrali della giornata, anche in presenza di sole, dare un'annaffiatura di uno o due minuti al prato, che permetterà di sciogliere la brina sulle foglie, diminuendo lo stress da freddo.
Con questi semplici interventi ci ritroveremo poi per tutto l'inverno e in primavera, con un prato di un ottimo colore, forte e resistente.
Per quanto riguarda gli arbusti, anche in questo caso, occorre concimare bene in special modo se particolarmente sensibili al freddo (come ad esempio gli agrumi), Per ovviare a questi stress è opportuno intervenire con concimi liquidi specifici. Esistono in commercio dei concimi liquidi detti apposta "antigelo" a base di sali potassici, molto efficaci.
Per approfondire la cura degli arbusti, vi rimando ad un mio precedente articolo (Come proteggere le piante dal freddo e dal gelo) che tratta in modo più preciso le operazioni da fare anche a livello meccanico e con film protettivi.
Non vi consiglio di effettuare la potatura in questo periodo iniziali dell'autunno, per prima cosa perché gli arbusti potrebbero non essere ancora in stasi vegetativa e questo comporterebbe un probabile sviluppo delle gemme, che verrebbero poi rovinate dal freddo invernale. Secondariamente perché, passato il periodo di freddo, potremmo valutare meglio se intervenire su parti di piante compromesse.
Per gli alberi ad alto fusto invece, le manutenzioni consistono principalmente nella messa in sicurezza della loro struttura da eventuali problemi creati da neve, forti piogge e vento, per cui è importante intervenire con la potatura dove necessario, per evitare spiacevoli cedimenti.
Nei riguardi delle alberature, vi consiglio sempre di far valutare i vostri alberi da un tecnico specializzato, che potrà verificarne anche la stabilità e certificarla con una relazione VTA, e successivamente per le potature è importante richiedere l'intervento di arboricoltori specializzati che conoscono le tecniche della moderna arboricoltura, questo vi farà certamente dormire sonni più sereni.
Riccardo Frontni
martedì 23 agosto 2016
Grafiosi dell'Olmo: sempre più allarme nelle Marche
Ho già postato nella mia pagina facebook, un articolo sull'allarme grafiosi che sta colpendo le Marche, e le risposte al post di tanta gente, mi hanno fatto capire che questo problema sta avvenendo in tutta Italia.
Che cos'è la Grafiosi dell'Olmo?
Questo patogeno ha come agente l'Ophiostoma ulmi - (Buisman) Nannf., Ophiostoma novo-ulmi Braiser.
La grafiosi dell'olmo è una malattia provocata da un fungo ascomicete che colpisce tale albero.
L'agente causale è il fungo Ophiostoma ulmi, la cui diffusione è facilitata da un coleottero del genere Scolytus o del genere Pteleobius che compie parte del proprio ciclo vitale nella corteccia degli olmi, oltre che da anastomosi radicale di piante vicine. Il fungo blocca i vasi che conducono la linfa alle foglie, inibendo il trasporto dell'acqua e provocando l'ingiallimento delle foglie con successiva morte di parti di rami, branche o dell'intera pianta.
La malattia, che può avere decorso cronico o acuto, è originaria dell'Asia e colpisce tutte le specie di olmi, ma non tutte con la stessa gravità.
In Italia primo caso di grafiosi dell'olmo risale al 1930. Intorno al 1967, l'Europa fu raggiunta da un ceppo molto più virulento della stessa malattia, il cui agente casuale è il fungo Ophiostoma novo-ulmi, ed in una ventina d'anni morirono milioni di olmi - in particolare moltissimi tra gli esemplari di grande mole. In Italia l'area interessata comprende tutta la Penisola e le isole con perdite vicine al 100% degli olmi adulti. Alcuni affermano che le specie di olmo in natura non sono minacciate di estinzione poiché le piantine fino a 2–3 m di altezza sono indenni dalla malattia.
Nonostante questa affermazione attualmente è possibile vedere intere siepi di olmo completamente attaccate da grafiosi nonostante siano di ridotte dimensioni, e questo lascia pensare che lo stesso patogeno possa aver cambiato la sua stessa virulenza.
Considerando la sua distribuzione e la sua epidemiologia, possiamo dire che il patogeno segue l'areale delle specie suscettibili dell'olmo. Il fungo si conserva nell'ambiente, nelle piante infette e nei loro residui sparsi nell'ambiente; l'infezione può avvenire a seguito di contatti radicali tra piante sane e piante malate (anastomosi) o, più frequentemente, a causa di insetti scolitidi ( gen. Scolytus ) che fungono da vettori specifici. Le infezioni, infatti, si verificano più facilmente in conseguenza dello sfarfallamento primaverile degli scolitidi. Nel caso di siepi in ambito agrario, la probabilità che avvenga contagio, anche per via radicale è da non sottovalutare, considerando inoltre che le lavorazioni del terreno a ridosso delle siepi o della vegetazione ripariale, senza attenzione alle fasce di rispetto, provocano lesioni radicali diffuse e sfrangiate che favoriscono il contagio tra individui malati ed individui sani.
La sintomatologia del patogeno arriva quando la pianta è ormai compromessa. Agente di tracheomicosi dei vasi legnosi, ossia ostruzioni dei vasi che portano le sostanze alle foglie; i sintomi sono caratterizzati da disseccamenti parziali od estesi, a seconda dell'età della pianta e dell'intensità dell'attacco, e, tipicamente, la presenza di imbrunimenti nelle ultime cerchie dell'alburno in sezione trasversale dei tessuti legnosi dei rami infetti.
Purtroppo se siamo in condizioni di notare i sintomi della grafiosi, significa che ormai c'è ben poco da fare nei riguardi dell'individuo colpito.
Per quanto riguarda la lotta a questo patogeno, non abbiamo armi che riescano a curare la patologia una volta evidenziata la sintomatologia, e ne la chimica, ne le cure colturali sull'individuo singolo possono dare risultati. L'azione da intraprendere è esclusivamente di tipo preventivo, principalmente mirata al miglioramento genetico dell'olmo al fine di creare individui o cloni resistenti incrociando le popolazioni europee con quelle asiatiche. In tal senso sono già stati commercializzati cloni resistenti al patogeno, frutto del lavoro dell,Istituto per la Protezione delle Piante IPP-CNR di Firenze, come ad esempio il clone denominato San Zanobi o Ulmus Morfeo.
Nel caso di popolamenti disposti a filare buona norma è la tempestiva eliminazione delle parti della chioma che mostrano i primi avvizzimenti e, nel caso questi siano estesi all'intera chioma. Nel caso di esemplari ormai secchi occorre procedere anche con l'asportazione della ceppaia.
Non vi è dubbio ed è palese che la soluzione più vantaggiosa in termini di risultati, ma anche in termini economici per la collettività è il monitoraggio e l'intervento tempestivo sul territorio e sui primi segni di malattia.
Il Caso delle Marche
Nonostante abbia avuto conferma dai miei colleghi che la situazione degli olmi è abbastanza critica su tutta Italia, nelle Marche, girandole da nord a sud, ho notato che le condizioni della popolazione di Olmo sono davvero critiche, e attualmente il livello di contagio è stimabile al 35% dell'intera popolazione (dato che conoscendo la virulenza esponenziale del patogeno è davvero critico).
Nel periodo fine estivo, quando le piante sono ormai all'apice degli effetti del patogeno è possibile vedere interi filari di olmo secchi.
La cosa critica è che stanno morendo anche gli esemplari isolati e lontani dalle campagne, segno che il patogeno grazie ai scolitidi, sta viaggiano rapidamente in ogni direzione.
Paradossalmente anche i cambiamenti climatici stanno facendo la loro parte, l'aumento della ventosità, se da una parte crea i classici problemi di stabilità delle alberature, dall'altra amplifica l'effetto dei patogeni che viaggiano aiutati dal vento, e quello che prima facilitava il contagio di esemplari a pochi chilometri di distanza ora si verifica anche a decine di chilometri di distanza.
Non da meno, purtroppo, è l'indifferenza degli amministratori, a vari livelli del territorio, che ignari della problematica, non stanno intervenendo tempestivamente, soprattutto in fase preventiva, con monitoraggi e azioni su primi focolai, mettendo a rischio l'intera popolazione di olmi della Regione Marche, ma anche dell'Italia intera.
Credo che sia arrivato il momento di sensibilizzare anche la popolazione, sia sui rischi che si corre, sia sul pericolo di epidemia, perché magari una segnalazione in più, responsabilizza chi gestisce la materia ambientale.
Riccardo Frontini
martedì 16 agosto 2016
Progettare il verde in modo sostenibile
La sostenibilità è considerata una prerogativa essenziale per garantire la stabilità di un ecosistema, ma anche di una catena industriale, o di una piramide sociale. In ambito ambientale, quello che in questo caso andremo a trattare, è considerata come la capacità di mantenere nel futuro i processi ecologici che avvengono all'interno di un ecosistema e la sua biodiversità. Tale concetto di sostenibilità è stato il primo ad essere definito e analizzato. Successivamente il concetto di sostenibilità venne allargato ad altri ambiti, in particolare alla sfera economica e sociale, fornendo una definizione più ampia, secondo la quale le tre condizioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale partecipano insieme alla definizione di benessere e progresso.
Tale generalizzazione del concetto di sostenibilità è stata svolta usando il concetto di "sistema", che è più generale del concetto di "ecosistema". In questo modo, per quanto riguarda la vita umana, la stabilità di un sistema, può essere vista come un modo per garantire la longevità di un sistema di supporto per la vita umana, che può essere il sistema climatico del pianeta, il sistema agricolo, industriale, forestale, della pesca e delle comunità umane che in genere dipendono da questi diversi sistemi. In particolare tale longevità è messa in relazione con l'influenza che l'attività antropica esercita sui sistemi stessi.
Oggi parleremo della progettazione del verde sostenibile, questo termine, si affaccia già da tempo a questo settore ed è di estrema attualità.
La progettazione sostenibile del verde però va percorsa seguendo due direzioni, quella relativa al pre-impianto e quella relativa al post-impianto.
SOSTENIBILITA' DI PRE-IMPIANTO
In questo caso, lo studio, ad esempio, si basa sul livello di incidenza ecologica dei materiali usati, dei livelli di lavorazione che comportano la posa in opera del giardino o dello spazio verde e infine dal livello di sostenibilità della cenosi creata in relazione agli aiuti esterni che essa abbisogna per vivere (irrigazione, manutenzione, ecc.).
Sembrano concetti molto complicati ma in realtà la progettazione sostenibile può essere considerata come una "progettazione di buon senso".
Parlando di esempi pratici, ho voluto considerare le classiche rotatorie stradali, riportando due foto che ho fatto passando con l'auto:
In questo caso i materiali usati sembrano pochi ma in realtà dietro ad una progettazione del genere, abbiamo il minimo della sostenibilità, infatti possiamo vedere Cemento Armato, metallo, e prato e impianti tecnologici (fontana). Sicuramente questi materiali apparentemente semplici, hanno a monte un consumo energetico enorme per essere prodotti, in poche parole la produzione di una piastra in cemento armato comporta emissioni di CO2 legate alle risorse ed all’energia
necessaria nella produzione dei materiali edilizi. Nella produzione del calcestruzzo l’apporto maggiore di emissioni
di CO2 è dovuto all’enorme fabbisogno energetico (di tipo termico ed elettrico) ed all’emissione di CO2 legata alla
produzione della risorsa cemento durante la fase di decarbonatazione del calcare. Come valore di riferimento
viene considerata un’emissione media di CO2 pari a 0,70 kg per kg di cemento. Durante la produzione del
calcestruzzo si ha inoltre un’emissione di 0,63 kg di CO2 per m³ di calcestruzzo . Per la produzione dell’acciaio
di armatura si ipotizza un’emissione di 1,73 kg di CO2 per kg di acciaio. Il contenuto di acciaio della piastra è
pari a 72,5 kg per m3 (fonte IAO).
Per la produzione di acciaio, se parliamo della quantità di energia utilizzata, sia per la raccolta o l'estrazione, sia per quanto riguarda la fusione e la lavorazione, arriviamo a livelli di assorbimento energetico e produzione di CO2 enormi. Basta pensare che il processo produttivo parte dalla raccolta e trasporto di scarti, normalmente eseguiti con camion, e poi giunge ai processi di lavorazione che avvengono in grandi centrali termiche (altoforni) che spesso sono elettrici con enormi Wattaggi.
Analizzando la rotatoria in foto, è facile capire quanta energia è stata utilizzata e quanta CO2 è stata prodotta a discapito dell'ecosistema.
In questo caso abbiamo ragionato solo con i materiali, ma è altrettanto semplice capire quanta energia e quante fonti di energia sono state utilizzate per la posa in opera, che vanno ulteriormente ad appesantire il bilancio dell'ecosistema, già segnato da tanti altri processi produttivi e antropici.
Continuando il viaggio per le rotatorie di una cittadina Marchigiana, dopo qualche centinaia di metri, mi si presenta questa realtà:
In questo caso, abbiamo l'esatto contrario di prima, il materiale utilizzato, nonostante anch'esso, per il suo processo produttivo abbisogna di una certa quantità di energia, non è mai elevata come quella dei materiali utilizzati in precedenza, ma soprattutto questo materiale, ha contribuito a ridurre la CO2, in quanto si sa che gli alberi sottraggono CO2 dall'atmosfera per accrescersi.
SOSTENIBILITA' POST-IMPIANTO
Avvenuta la posa in opera dei due progetti, il post-impianto, incide molto sia sulla sostenibilità sociale che economica.
Nel primo caso la prima rotatoria ha una scarsa capacità di assorbire polveri sottili e CO2, mentre la seconda in questi termini è molto più efficiente, in quanto è composta da materiale vegetale (magari avrei scelto specie diverse...ma va premiata la mission), pertanto a livello sociale la prima non ha nessuna efficacia, la seconda per quel poco che può fare è sicuramente più utile.
Da un punto di vista di sostenibilità economica, i costi di realizzazione della prima rotatoria sono nettamente superiori a quelli della seconda, e anche quelli di manutenzione, nel caso della prima rotatoria, non dobbiamo credere che siano più bassi perché non si potano le piante (il prato sta da entrambe le parti). Basta pensare alla manutenzione dei sistemi tecnologici della fontana.
Questo semplice esempio, ci fa capire che per Progettare il Verde in modo Sostenibile, occorre partire da lontano ed effettuare uno studio comparato dei materiali e della gestione, solo allora si riescono ad ottenere risultati ottimali.
Il futuro, apre la porta anche alla progettazione del verde fatta in modo sostenibile, la specializzazione dei progettisti, che sanno anche combinare in modo adeguata la scelta delle specie, soprattutto in ambito urbano, sarà un obiettivo da raggiungere per il prossimo futuro, in modo che una rotatoria ad esempio, ma come essa qualsiasi altro progetto del verde (parchi, giardini, piste ciclabili, ecc) non sia più un costo, ma un'infrastruttura verde, funzionale ed utile per l'ecosistema e la collettività.
Riccardo Frontini
domenica 10 luglio 2016
Cure del giardino: i consigli di base per ottenere ottimi risultati
Oggi parliamo delle regole
principali per fare una manutenzione che dia i giusti risultati, e seguire con
cura, amore ed efficacia lo sviluppo del nostro giardino, iniziamo dalla
manutenzione del prato per poi finire alla potatura di alberi e arbusti, una
carrellata veloce ed essenziale sui consigli di base da dare.
MANUTENZIONE DEL PRATO
Quando l’erba del vostro giardino
avrà raggiunto i 7-8 cm
si procederà al primo taglio. Data la delicatezza delle giovani piante è
consigliabile l’utilizzo di macchine a taglio elicoidale, oppure utilizzare
tosaerba avendo l’accortezza che la lama sia ben affilata. Dopo il secondo
taglio l’erba tenderà ad accestire e si potrà passare con un normale tosaerba,
ogni dieci giorni fino ad ottobre.
Vi sono delle regole principali a
cui attenersi, non dimenticando che ogni tipo di miscuglio seminato ha una
diversa crescita, resistenza al sole e all’acqua:
·
togliere le
erbe infestanti, questo si ottiene con diverse tecniche (vedi tecniche di diserbo)
·
eseguire i
tagli in tempi brevi, per evitare un ingiallimento per mancanza di luce alla
base dell’erba
·
innaffiare i
prati dopo ogni taglio per facilitare la ripresa vegetativa della piantina, è
opportuno irrigare con grandi volumi d’acqua con intervalli di tempo più
lunghi, questo per spingere la pianta a produrre radici più in profondità e più
forti in grado di assorbire più sostanze nutritive.
·
Arieggiare
il terreno ogni 3-4 mesi se il prato cresce molto rigoglioso e con presenza di
elevato feltro oppure una volta all’anno almeno in prati con crescita media.
Utilizzare dei rastrelli a lame verticali per togliere le piantine morte da
eventuali trattamenti diserbanti e per rompere la crosta che si forma sul
terreno dovuta alla pioggia battente ed al calpestio. Si possono utilizzare
anche macchine arieggiatrici o carotatrici che prelevano una carota di terra
per aumentare il ricircolo d’aria alle radici.
·
Concimare
bene è fondamentale per avere un buon tappeto erboso, non è necessario
utilizzare grandi dosi di concimi, quello che serve per un buon risultato è la
costanza. Effettuare più concimazioni all’anno con basse dosi di concimi
chimici, il concime deve essere ternario e contenente dei micro elementi,
fondamentale per il prato è la presenza di ferro che permette alle radici di
assorbire le sostanze nutritive che gli andremo a fornire. Se la struttura del
terreno è in buono stato è sconsigliato l’utilizzo di sostanze organiche come
letame e humus che potrebbero essere ricche d’erbe infestanti e miceli di
funghi parassiti.
·
Nel periodo autunno
invernale, è opportuno raccogliere le foglie cadute dagli alberi
sistematicamente, questo per evitare l’insorgere di malattie fungine e
l’ingiallimento per mancanza di luce dell’erba.
MANUTENZIONE DI ALBERI ED ARBUSTI
La miglior potatura è quella che
non si vede, una pianta sana ed inserita nel giusto contesto, non avrebbe
bisogno di essere potata.
Quando ci si accinge a potare un
albero, non si deve pensare di cambiarlo drasticamente, ma si deve rispettarne
la forma e le dimensioni. L’intervento deve quindi adeguarsi alla struttura
della pianta, che deve essere alleggerita del superfluo, leggermente contenuta
e rinforzata cosicché la luce possa raggiungerla in ogni suo punto. Se
l’intervento è correttamente eseguito ed orientato al bene futuro della pianta,
allora il passante occasionale, che non ha mai visto prima quel albero, non si
accorge neppure che è stato potato.
Il valore di un albero
Al di là del fatto che l’albero é
un essere vivente e come tale deve essere rispettato, occorre essere consapevoli
del suo enorme pregio e del suo peculiare valore estetico. Come chi possiede un
mobile prestigioso non usa inciderlo con una punta metallica lasciandogli segni
indelebili che ne abbattono il valore e ne rovinano l’estetica, chi possiede un
albero non deve offenderlo con potature improprie e capitozzature inadeguate.
Costi della potatura
Si potrebbe pensare che una
potatura drastica, veloce e poco precisa sia più economica rispetto ad una
potatura più curata ed anche più consona, che richiede più tempo. Invece, in
generale, non è così. La potatura drastica, infatti, produce molta più legna da
asportare rispetto alla potatura curata. Il risparmio ottenuto sul costo del
potatore viene quindi annullato dal maggior costo della raccolta e dello
smaltimento della legna prodotta, attività che, tra l’altro, impegna non una
sola persona ma una squadra di lavoro dotata di mezzi adeguati.
Molte volte noi possiamo offrire
allo stesso prezzo i due tipi di potatura e lasciare così al cliente la scelta
che ritiene più consona alla sua pianta. Una potatura drastica, inoltre,
indebolisce la pianta, poiché favorisce l’inserzione di rami che, negli anni,
si ingrossano e costituiscono un costante rischio di caduta, obbligando ad
interventi analogamente severi ogni 4 anni circa. Una pianta sempre ben potata,
invece, richiede solo piccoli interventi correttivi e più dilazionati nel
tempo. Si pensi ai bonsai come forma obbligata estrema: il bonsaista non
aspetta 10-15 anni prima di intervenire sull’albero per trasformarlo,
praticando enormi tagli, come lui vuole, ma inizia da subito ad allevarlo
costringendone la forma secondo le sue esigenze senza peraltro provocare seri
danni alla sua pianta. Alla luce di queste considerazioni, la scelta del tipo
di potatura per la vostra pianta non dovrebbe lasciarvi alcun dubbio.
La pianta giusta al posto giusto
Quando si deve ricorrere
all’abbattimento di un albero, é necessario richiedere un’autorizzazione al
Comune di residenza. L’autorizzazione non è invece necessaria quando si pianta
un albero. Eppure, la maggioranza degli abbattimenti che ci vengono richiesti
non è conseguenza di morte della pianta, ma del suo esagerato ingombro “adesso
che é cresciuta”. Il primo motivo per cui oggi si abbatte una pianta è perché,
vent’anni fa, si è sbagliato a piantarla lì, dove si trova adesso. E allora,
quando oggi decidete di piantare un albero, pensate bene alle dimensioni che
raggiungerà da adulto ed ai problemi che potrà generare in relazione al luogo
nel quale lo piantate. Se oggi vent’anni vi sembrano tanti, ricordatevi che il
tempo scorre comunque, e a volte anche troppo in fretta!
Potatore di professione e potatore
professionale
Per imbracciare una motosega non
occorre una gran testa, così come per rovinare un albero. Molte persone, spinte
solo dalla idea di fare soldi in modo rapido e poco impegnativo, si affacciano
su questo mercato con troppa superficialità e senza la consapevolezza che
preparazione ed esperienza sono attributi essenziali per esercitare
correttamente una professione. Il potatore professionale, oltre a possedere una
tecnica, crede anche che la pianta debba essere rispettata nel farle seguire i
nostri desideri. Diffidate da chi rende le cose troppo facili e vi consiglia
grossi tagli “perché così la pianta si rinforza”: non è professionale
Come trattare siepi ed arbusti
Questo è il caso più critico,
dalla potatura delle rose, al mantenimento di una siepe in arte topiaria, la
potatura e le cure da dare agli arbusti del nostro giardino è sempre più
complicato di quanto ci aspettiamo all’inizio del processo manutentivo. Sicuramente
un arbusto ci lascia un margine di errore maggiore rispetto un albero alto
fusto, ma ricordiamoci bene che questo non deve essere un deterrente per
affrontare tale manutenzione con leggerezza ed approssimazione. I nostri
arbusti cresceranno forti con belle fioriture se noi li aiuteremo, con le
giuste regole di posizionamento e manutenzione.
Per gli arbusti infatti l’esposizione
è significativa e quasi limitante in alcuni casi, come il tipo di terreno,
quindi buona parte della riuscita è la scelta iniziale dell’arbusto al posto
giusto.
Poi naturalmente concimazione
mirata (immagino le acidofile che prediligono un terreno acido), innaffiatura
adeguata, ci sono arbusti che xerofili che non vogliono acqua o terreno
eccessivamente umido, e infine potatura.
Gli arbusti sopportano meglio le
potature errate, forse fioriranno meno, ma nella maggior parte con una potatura
sbagliata non compromettiamo la pianta come nel caso di un albero ad alto
fusto, è consigliabile anche in questo caso intervenire in modo adeguato e a
seconda della forma, della specie e del compito (siepe, siepe libera, arte topiaria,
ecc.) del nostro arbusto interverremo da un minimo di una volta all’anno fino a
5-6 volte all’anno (arte topiaria).
Il giardino è un essere vivente,
e come tutti gli esseri viventi ha bisogno di cure e amore, per questo è
importante conoscere regole importanti e minimali per ottenere già buoni
risultati.
Riccardo Frontini
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martedì 5 luglio 2016
La BioPiscina istruzioni per l'uso
Il concetto di “biopiscina” detta anche “laghetto naturale
balneabile” è relativamente nuovo e inizia ad affermarsi, in Svizzera, Austria
e Germania, nei primi anni Ottanta del secolo scorso. La differenza tra la
piscina tradizionale e la “biopiscina” sta nel differente trattamento delle
acque. Infatti, la piscina tradizionale, per purificare l’acqua e renderla atta
al nuoto e allo svago, si affida a sistemi chimici. La “biopiscina” invece si
affida a sistemi di filtrazione naturale che sono rappresentati dalla
microflora e microfauna e dalle piante acquatiche (spondali, palustri,
sommerse, galleggianti). Le piante hanno la funzione di assorbire azoto
disciolto nell’acqua per limitare i fenomeni di eutrofizzazione che portano ad
una forte presenza di alghe e di intorbidimento dell’acqua. La microflora e la
microfauna hanno la funzione di vero e proprio filtraggio. Per potere ottenere
un filtraggio naturale occorre dividere la “biopiscina” in due parti: la zona
balneabile, utilizzabile per il nuoto e le attività ricreative e la zona
cosiddetta di “rigenerazione”. In questa si collocano le piante acquatiche e si
ha la maggior presenza di microflora e microfauna utile (presenti, anche,
nell’acqua della zona balneabile). L’impermeabilizzazione viene ottenuta con
teli in pvc. La biopiscina, pertanto, è un luogo vivo che deve raggiungere un
equilibrio tra le popolazioni degli organismi viventi che lo abitano; al
contrario, la piscina tradizionale è un ambiente asettico in cui la
balneabilità è raggiunta in totale artificialità.
Il disegno
La “biopiscina” può assumere un disegno classico regolare, per lo più
rettangolare ma si possono creare anche soluzioni miste in cui ad una parte
regolare se ne associa una di forma irregolare o addirittura realizzare una
forma completamente irregolare. Questi due ultimi esempi si adattano meglio ai
giardini “irregolari” o naturaliformi, dove la vegetazione assume una
disposizione e una forma che imita la natura. La piscina tradizionale può
essere convertita, con opportuni accorgimenti in biopiscina e se ne può anche
cambiare il disegno generale, ampliando la superficie destinata a quest’uso.
Le varie tipologie
Le “biopiscine” possono avere un grado di naturalezza più o meno spinto. Si
passa cioè da biopiscine in cui non vi sono elementi tecnici accessori a
biopiscine in cui il filtraggio naturale è molto spinto. Nel primo caso i costi
sono più contenuti, ma si hanno tutti gli “inconvenienti” di nuotare in un
laghetto artificiale. Nel secondo caso ci si avvicina maggiormente alle
condizioni di acqua e di ambiente acquatico che si possono trovare in una
piscina tradizionale con costi più alti rispetto al primo caso. Le biopiscine
naturali, a bassa tecnologia e a media tecnologia, se ben progettate e
convenientemente manutenute, raggiungono un equilibrio biologico in 3-5 anni,
dopodiché l’impegno manutentivo subirà una notevole riduzione.
Biopiscina naturale
La biopiscina naturale, quindi, rappresenta la tipologia più semplice ove il
controllo dell’acqua non prevede apporti tecnologici esterni quali pompe e
filtri. La zona balneabile e la zona di rigenerazione hanno le stesse
dimensioni (rapporto 1:1) e deve, per raggiungere un equilibrio naturale,
essere di almeno 150 mq, la componente vegetale deve essere differenziata (piante
palustri, spondali, sommerse e galleggianti); vi è una certa ricchezza di fauna
rappresentata, prevalentemente da insetti e anfibi e quando si nuota si passa
molto vicino alle piante, proprio come se si nuotasse in un laghetto naturale.
La manutenzione deve essere regolare per garantire una durata nel tempo delle
condizioni di balneabilità dell’acqua.
Biopiscina a bassa
tecnologia
La biopiscina a bassa tecnologia prevede l’applicazione di una pompa,
posizionata all’esterno della biopiscina, a basso consumo (24 volts), che
consente il ricircolo dell’acqua pari al 20% del volume totale nell’arco delle
24 ore. Il rapporto tra area balneabile e area di rigenerazione e la tipologia
di vegetazione da adottare sono analoghi alla precedente categoria.
Biopiscina a media
tecnologia
La biopiscina a media tecnologia rappresenta la soluzione maggiormente
utilizzata in quanto consente un migliore controllo delle condizione ambientali
e allo stesso tempo mantiene un alto grado di “naturalezza” a costi relativamente
contenuti. Prevede l’applicazione di una pompa, posta all’esterno della
biopiscina, in grado di assicurare la circolazione dell’intero volume di acqua
entro le 24 ore; e di skimmers. L’acqua deve essere immessa nella biopiscina
dalla pompa in modo tale da creare un flusso superficiale che contribuisce alla
pulizia dei materiali più grossolani quali foglie, semi, alghe che vengono
intercettati dagli skimmers. La zona di rigenerazione deve occupare il 40% del
totale e la vegetazione, essendoci meno elementi nutritivi di origine organica,
deve essere selezionata escludendo le piante con foglie galleggianti (ad
esempio le ninfee). La manutenzione deve essere soprattutto rivolta alla
pulizia delle ceste degli skimmers che raccolgono la sostanza organica grossolana,
il controllo delle piante, che non diventino troppo invasive, e la pulizia del
fondo almeno 1 volta all’anno.
Biopiscine ad alta
tecnologia
Le biopiscine ad alta tecnologia, rispetto la categoria precedente, prevedono
un filtraggio più spinto mediante l’apposizione di filtri di natura organica o
minerale (ghiaia o microfibre). La pompa deve essere più potente rispetto la
precedente in quanto il ricircolo dell’intero volume di acqua deve avvenire due
volte al giorno, da qui maggiori costi di energia elettrica ma anche maggiori
oneri manutentivi. I vantaggi, se tali si possono considerare, sono una
maggiore limpidezza e trasparenza dell’acqua, la possibilità di un utilizzo
intenso e una maggiore area di balneazione, infatti la zona di rigenerazione può
essere introno al 30-35% del totale.
Biopiscine ad altissima
tecnologia
Le biopiscine ad altissima tecnologia impiegano maggiori ausili tecnici per
aumentare la zona balneabile a scapito di quella destinata alla rigenerazione,
che solitamente non è contigua alla balneabile. La zona di rigenerazione si
limita ad interessare il 30% circa della superficie complessiva. Si ricorre al
filtraggio soprattutto mediante impiego di filtri minerali (zeolite, ghiaia,
ecc.) e si tende a ridurre anche considerevolmente la presenza delle piante
acquatiche. Il sistema di pompaggio deve assicurare il ricircolo dell’acqua più
volte al giorno. Si ha, quindi un aumento dei costi gestionali e manutentivi
(pulizia o sostituzione dei filtri).
Nonostante sia molto bella, la biopiscina nasconde anche qualche problematica, ad esempio nei mesi caldi con temperature molto alte si potrebbero verificare dei seri problemi di contaminazione da batteri, pertanto oltre al monitoraggio sarà opportuno usare dei prodotti naturali e biologici per la "cura dell'acqua".
Come detto nell'introduzione, le biopiscine nascono in Svizzera, Austria e Germania, cioè in nazioni con temperature medie estive molto più basse delle nostre.
Il mio consiglio, per chi vuole optare per una biopiscina, è quello di informarsi bene e sul reale funzionamento, perchè in questo caso la disinformazione, l'improvvisazione e l'ignoranza può giocare davvero dei brutti scherzi, anche molto pericolosi.
Riccardo Frontini
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