martedì 23 agosto 2016

Grafiosi dell'Olmo: sempre più allarme nelle Marche



Ho già postato nella mia pagina facebook, un articolo sull'allarme grafiosi che sta colpendo le Marche, e le risposte al post di tanta gente, mi hanno fatto capire che questo problema sta avvenendo in tutta Italia.
Che cos'è la Grafiosi dell'Olmo?

Questo patogeno ha come agente l'Ophiostoma ulmi - (Buisman) Nannf., Ophiostoma novo-ulmi Braiser.

La grafiosi dell'olmo è una malattia provocata da un fungo ascomicete che colpisce tale albero.

L'agente causale è il fungo Ophiostoma ulmi, la cui diffusione è facilitata da un coleottero del genere Scolytus o del genere Pteleobius che compie parte del proprio ciclo vitale nella corteccia degli olmi, oltre che da anastomosi radicale di piante vicine. Il fungo blocca i vasi che conducono la linfa alle foglie, inibendo il trasporto dell'acqua e provocando l'ingiallimento delle foglie con successiva morte di parti di rami, branche o dell'intera pianta.

La malattia, che può avere decorso cronico o acuto, è originaria dell'Asia e colpisce tutte le specie di olmi, ma non tutte con la stessa gravità.

In Italia primo caso di grafiosi dell'olmo risale al 1930. Intorno al 1967, l'Europa fu raggiunta da un ceppo molto più virulento della stessa malattia, il cui agente casuale è il fungo Ophiostoma novo-ulmi, ed in una ventina d'anni morirono milioni di olmi - in particolare moltissimi tra gli esemplari di grande mole. In Italia l'area interessata comprende tutta la Penisola e le isole con perdite vicine al 100% degli olmi adulti. Alcuni affermano che le specie di olmo in natura non sono minacciate di estinzione poiché le piantine fino a 2–3 m di altezza sono indenni dalla malattia. 

Nonostante questa affermazione attualmente è possibile vedere intere siepi di olmo completamente attaccate da grafiosi nonostante siano di ridotte dimensioni, e questo lascia pensare che lo stesso patogeno possa aver cambiato la sua stessa virulenza.

Considerando la sua distribuzione e la sua epidemiologia, possiamo dire che il patogeno segue l'areale delle specie suscettibili dell'olmo. Il fungo si conserva nell'ambiente, nelle piante infette e nei loro residui sparsi nell'ambiente; l'infezione può avvenire a seguito di contatti radicali tra piante sane e piante malate (anastomosi) o, più frequentemente, a causa di insetti scolitidi ( gen. Scolytus ) che fungono da vettori specifici. Le infezioni, infatti, si verificano più facilmente in conseguenza dello sfarfallamento primaverile degli scolitidi. Nel caso di siepi in ambito agrario, la probabilità che avvenga contagio, anche per via radicale è da non sottovalutare, considerando inoltre che le lavorazioni del terreno a ridosso delle  siepi o della vegetazione ripariale, senza attenzione alle fasce di rispetto, provocano lesioni radicali diffuse e sfrangiate che favoriscono il contagio tra individui malati ed individui sani.

La sintomatologia del patogeno arriva quando la pianta è ormai compromessa. Agente di tracheomicosi dei vasi legnosi, ossia ostruzioni dei vasi che portano le sostanze alle foglie; i sintomi sono caratterizzati da disseccamenti parziali od estesi, a seconda dell'età della pianta e dell'intensità dell'attacco, e, tipicamente, la presenza di imbrunimenti nelle ultime cerchie dell'alburno in sezione trasversale dei tessuti legnosi dei rami infetti.
Purtroppo se siamo in condizioni di notare i sintomi della grafiosi, significa che ormai c'è ben poco da fare nei riguardi dell'individuo colpito.

Per quanto riguarda la lotta a questo patogeno, non abbiamo armi che riescano a curare la patologia una volta evidenziata la sintomatologia, e ne la chimica, ne le cure colturali sull'individuo singolo possono dare risultati. L'azione da intraprendere è esclusivamente di tipo preventivo, principalmente mirata al miglioramento genetico dell'olmo al fine di creare individui o cloni resistenti incrociando le popolazioni europee con quelle asiatiche. In tal senso sono già stati commercializzati cloni resistenti al patogeno, frutto del lavoro dell,Istituto per la Protezione delle Piante IPP-CNR di Firenze, come ad esempio il clone denominato San Zanobi o Ulmus Morfeo.

Nel caso di popolamenti disposti a filare buona norma è la tempestiva eliminazione delle parti della chioma che mostrano i primi avvizzimenti e, nel caso questi siano estesi all'intera chioma. Nel caso di esemplari ormai secchi occorre procedere anche con l'asportazione della ceppaia.

Non vi è dubbio ed è palese che la soluzione più vantaggiosa in termini di risultati, ma anche in termini economici per la collettività è il monitoraggio e l'intervento tempestivo sul territorio e sui primi segni di malattia.




Il Caso delle Marche

Nonostante abbia avuto conferma dai miei colleghi che la situazione degli olmi è abbastanza critica su tutta Italia, nelle Marche, girandole da nord a sud, ho notato che le condizioni della popolazione di Olmo sono davvero critiche, e attualmente il livello di contagio è stimabile al 35% dell'intera popolazione (dato che conoscendo la virulenza esponenziale del patogeno è davvero critico).

Nel periodo fine estivo, quando le piante sono ormai all'apice degli effetti del patogeno è possibile vedere interi filari di olmo secchi.

La cosa critica è che stanno morendo anche gli esemplari isolati e lontani dalle campagne, segno che il patogeno grazie ai scolitidi, sta viaggiano rapidamente in ogni direzione.

Paradossalmente anche i cambiamenti climatici stanno facendo la loro parte, l'aumento della ventosità, se da una parte crea i classici problemi di stabilità delle alberature, dall'altra amplifica l'effetto dei patogeni che viaggiano aiutati dal vento, e quello che prima facilitava il contagio di esemplari a pochi chilometri di distanza ora si verifica anche a decine di chilometri di distanza.

Non da meno, purtroppo, è l'indifferenza degli amministratori, a vari livelli del territorio, che ignari della problematica, non stanno intervenendo tempestivamente, soprattutto in fase preventiva, con monitoraggi e azioni su primi focolai, mettendo a rischio l'intera popolazione di olmi della Regione Marche, ma anche dell'Italia intera.

Credo che sia arrivato il momento di sensibilizzare anche la popolazione, sia sui rischi che si corre, sia sul pericolo di epidemia, perché magari una segnalazione in più, responsabilizza chi gestisce la materia ambientale.


Riccardo Frontini

martedì 16 agosto 2016

Progettare il verde in modo sostenibile



La sostenibilità è considerata una prerogativa essenziale per garantire la stabilità di un ecosistema, ma anche di una catena industriale, o di una piramide sociale. In ambito ambientale, quello che in questo caso andremo a trattare, è considerata come la capacità di mantenere nel futuro i processi ecologici che avvengono all'interno di un ecosistema e la sua biodiversità. Tale concetto di sostenibilità è stato il primo ad essere definito e analizzato. Successivamente il concetto di sostenibilità venne allargato ad altri ambiti, in particolare alla sfera economica e sociale, fornendo una definizione più ampia, secondo la quale le tre condizioni di sostenibilità ambientale, economica e sociale partecipano insieme alla definizione di benessere e progresso.

Tale generalizzazione del concetto di sostenibilità è stata svolta usando il concetto di "sistema", che è più generale del concetto di "ecosistema". In questo modo, per quanto riguarda la vita umana, la stabilità di un sistema, può essere vista come un modo per garantire la longevità di un sistema di supporto per la vita umana, che può essere il sistema climatico del pianeta, il sistema agricolo, industriale, forestale, della pesca e delle comunità umane che in genere dipendono da questi diversi sistemi. In particolare tale longevità è messa in relazione con l'influenza che l'attività antropica esercita sui sistemi stessi.

Oggi parleremo della progettazione del verde sostenibile, questo termine, si affaccia già da tempo a questo settore ed è di estrema attualità.

La progettazione sostenibile del verde però va percorsa seguendo due direzioni, quella relativa al pre-impianto e quella relativa al post-impianto.

SOSTENIBILITA' DI PRE-IMPIANTO
In questo caso, lo studio, ad esempio, si basa sul livello di incidenza ecologica dei materiali usati, dei livelli di lavorazione che comportano la posa in opera del giardino o dello spazio verde e infine dal livello di sostenibilità della cenosi creata in relazione agli aiuti esterni che essa abbisogna per vivere (irrigazione, manutenzione, ecc.).

Sembrano concetti molto complicati ma in realtà la progettazione sostenibile può essere considerata come una "progettazione di buon senso". 

Parlando di esempi pratici, ho voluto considerare le classiche rotatorie stradali, riportando due foto che ho fatto passando con l'auto:


In questo caso i materiali usati sembrano pochi ma in realtà dietro ad una progettazione del genere, abbiamo il minimo della sostenibilità, infatti possiamo vedere Cemento Armato, metallo, e prato e impianti tecnologici (fontana). Sicuramente questi materiali apparentemente semplici, hanno a monte un consumo energetico enorme per essere prodotti, in poche parole la produzione di una piastra in cemento armato comporta emissioni di CO2 legate alle risorse ed all’energia necessaria nella produzione dei materiali edilizi. Nella produzione del calcestruzzo l’apporto maggiore di emissioni di CO2 è dovuto all’enorme fabbisogno energetico (di tipo termico ed elettrico) ed all’emissione di CO2 legata alla produzione della risorsa cemento durante la fase di decarbonatazione del calcare. Come valore di riferimento viene considerata un’emissione media di CO2 pari a 0,70 kg per kg di cemento. Durante la produzione del calcestruzzo si ha inoltre un’emissione di 0,63 kg di CO2 per m³ di calcestruzzo . Per la produzione dell’acciaio di armatura si ipotizza un’emissione di 1,73 kg di CO2 per kg di acciaio. Il contenuto di acciaio della piastra è pari a 72,5 kg per m3 (fonte IAO).

Per la produzione di acciaio, se parliamo della quantità di energia utilizzata, sia per la raccolta o l'estrazione, sia per quanto riguarda la fusione e la lavorazione, arriviamo a livelli di assorbimento energetico e produzione di CO2 enormi. Basta pensare che il processo produttivo parte dalla raccolta e trasporto di scarti, normalmente eseguiti con camion, e poi giunge ai processi di lavorazione che avvengono in grandi centrali termiche (altoforni) che spesso sono elettrici con enormi Wattaggi.

Analizzando la rotatoria in foto, è facile capire quanta energia è stata utilizzata e quanta CO2 è stata prodotta a discapito dell'ecosistema.

In questo caso abbiamo ragionato solo con i materiali, ma è altrettanto semplice capire quanta energia e quante fonti di energia sono state utilizzate per la posa in opera, che vanno ulteriormente ad appesantire il bilancio dell'ecosistema, già segnato da tanti altri processi produttivi e antropici.

Continuando il viaggio per le rotatorie di una cittadina Marchigiana, dopo qualche centinaia di metri, mi si presenta questa realtà:


In questo caso, abbiamo l'esatto contrario di prima, il materiale utilizzato, nonostante anch'esso, per il suo processo produttivo abbisogna di una certa quantità di energia, non è mai elevata come quella dei materiali utilizzati in precedenza, ma soprattutto questo materiale, ha contribuito a ridurre la CO2, in quanto si sa che gli alberi sottraggono CO2 dall'atmosfera per accrescersi.

SOSTENIBILITA' POST-IMPIANTO
Avvenuta la posa in opera dei due progetti, il post-impianto, incide molto sia sulla sostenibilità sociale che economica.
Nel primo caso la prima rotatoria ha una scarsa capacità di assorbire polveri sottili e CO2, mentre la seconda in questi termini è molto più efficiente, in quanto è composta da materiale vegetale (magari avrei scelto specie diverse...ma va premiata la mission), pertanto a livello sociale la prima non ha nessuna efficacia, la seconda per quel poco che può fare è sicuramente più utile.

Da un punto di vista di sostenibilità economica, i costi di realizzazione della prima rotatoria sono nettamente superiori a quelli della seconda, e anche quelli di manutenzione, nel caso della prima rotatoria, non dobbiamo credere che siano più bassi perché non si potano le piante (il prato sta da entrambe le parti). Basta pensare alla manutenzione dei sistemi tecnologici della fontana.

Questo semplice esempio, ci fa capire che per Progettare il Verde in modo Sostenibile, occorre partire da lontano ed effettuare uno studio comparato dei materiali e della gestione, solo allora si riescono ad ottenere risultati ottimali.

Il futuro, apre la porta anche alla progettazione del verde fatta in modo sostenibile, la specializzazione dei progettisti, che sanno anche combinare in modo adeguata la scelta delle specie, soprattutto in ambito urbano, sarà un obiettivo da raggiungere per il prossimo futuro, in modo che una rotatoria ad esempio, ma come essa qualsiasi altro progetto del verde (parchi, giardini, piste ciclabili, ecc) non sia più un costo, ma un'infrastruttura verde, funzionale ed utile per l'ecosistema e la collettività.

Riccardo Frontini